I libri hanno ancora un futuro?

Nell’era digitale in cui siamo immersi sono sempre più numerose le persone che non riescono a mantenere l’attenzione durante la lettura di un testo che va oltre i centoquaranta o i duecentottanta caratteri di un tweet. La mancanza di abitudine all’analisi di un fatto o di un argomento porta inevitabilmente con sé una serie di conseguenze negative tra cui la difficoltà a mantenere una concentrazione prolungata su materie che per essere comprese in modo adeguato richiedono una particolare attenzione, oppure una limitata capacità di approfondimento a livello personale a favore di una più semplice condivisione sui social network. Ma questi tipi di comportamento sono legati indissolubilmente all’attuale momento storico o sono atteggiamenti che in forme differenti connotano da sempre la maggior parte delle persone? È davvero esistita nel passato più o meno recente un’età dell’oro in cui la lettura era diffusa e apprezzata nelle diverse classi sociali? Un aiuto alla risposta di queste e altre domande ci viene dal libro di Leah Price uscito negli Stati uniti What We Tailk About When We Talk About Books: The History and Future of Reading (Di cosa parliamo quando parliamo di libri: la storia e il futuro della lettura, Basic Books, 28 dollari, eBook 16,58 dollari). Secondo Price, che dopo aver insegnato a Harvard dirige attualmente la Rudgers Book Initiative presso l’Università di Rutgers nel New Jersey, la risposta è più complessa e articolata di quello che si può generalmente pensare e offre degli interessanti e inconsueti spunti di riflessione, che sfatano molti luoghi comuni.

Profezie non avverate
Dopo aver esaminato un elevato numero di volumi di alcune tra le maggiori biblioteche del mondo, dagli albori dell’alfabetizzazione di massa nella seconda metà del Settecento all’avvento dei tascabili nel secolo scorso fino ai giorni nostri, Price ha rilevato che la maggior parte dei lettori segue da sempre abitudini le quali hanno molti più punti di contatto di quanto si possa immaginare con i nostri attuali comportamenti. Nella sua appassionata analisi si dimostrano scarse anche le prove che i libri si trovano in una fase agonizzante e in seguito a numerosi e approfonditi incontri con bibliotecari, librai e attivisti impegnati a reinventare diverse forme di fruizione dei libri, offre nuove e concrete speranze non solo ai bibliofili ma anche agli amanti della lettura. Se con l’avvento degli ebook molti studiosi hanno profetizzato la fine dei libri di carta, simili errate previsioni sono state immancabilmente fatte all’avvento di ogni nuovo mezzo di comunicazione. Il cinema, per esempio, avrebbe dovuto segnare la fine del teatro, la tv quella della radio, mentre l’home computer, oltre ad annunciare l’epilogo della scrittura a mano si pensava dovesse sostituire la tv, la radio e il cinema. Ma la realtà è sempre più imprevedibile e complessa di quello che si pensa e difficilmente segue un percorso lineare.

Punti di connessione
Come suggeriscono numerosi esempi, i libri hanno difficilmente richiesto ai loro lettori, anche a quelli più attenti, una concentrazione costante, ma al contrario registrano da sempre i loro stati d’animo, le loro ansie e inquietudini. Se, come ci ricorda Price, ai margini delle prime edizioni a stampa di numerosi volumi possiamo vedere scarabocchi, schizzi, disegni improbabili o frasi illeggibili, che denotano momenti di distrazione, noia e talvolta il rifiuto di leggere, le pagine non rilegate della copia di Hemingway dell’Ulisse di Joyce sono per la maggior parte intonse. Di conseguenza, oltre a non sapere con sicurezza quello che lo scrittore americano ha davvero letto, possiamo conoscere quello che non ha voluto o potuto approfondire. Altri volumi come Comus di John Milton sono invece disseminati di frequenti lettere zeta, che rivelano la noia e il sopore provati da tanti lettori durante la loro consultazione. Price, che è considerata tra massimi esperti a livello internazionale della storia del libro, dagli incunaboli ai tascabili fino agli ebook non è una nostalgica del passato. Suggerisce che l’amore per i libri non deve diventare una forma di rimpianto per una reale o presunta età dell’oro e avverte del pericolo di trasformare i volumi cartacei in un rifugio in cui attendere passivamente gli attacchi dei libri digitali perché agli inizi del suo percorso anche la stampa era stata avvertita come una tecnologia destabilizzante e in controtendenza rispetto agli strumenti allora usati. Secondo il suo punto di vista, i libri dovrebbero essere un elemento di connessione e interazione tra i diversi lettori, capace di dar vita a un dialogo costante, a una conversazione ininterrotta che inizia dal loro contenuto e si estende ad altre considerazioni. Un traguardo oggi più facilmente raggiungibile grazie alle piattaforme dell’era digitale, che indipendentemente dai formati cui facciamo riferimento (cartaceo, online o ancora in divenire) consentono di espandere idee e riflessioni.

Verso una nuova alleanza
Se le biblioteche pubbliche, oltre a svolgere un ruolo essenziale non solo di conservazione e divulgazione culturale ma anche di integrazione sociale hanno ampliato il loro raggio d’azione con la creazione di eventi e sempre più frequenti progetti per rendere maggiormente fruibili i contenuti dei libri attraverso iniziative che possono richiamare un pubblico più ampio ed eterogeneo rispetto a quello degli utenti abituali, il sistema delle librerie indipendenti si trova da diversi anni in una situazione difficile, che ha causato la chiusura di un numero crescente di punti vendita e il ridimensionamento di molti altri. Ma per Price ci sono ancora numerose possibilità per fermare la perdita di questi autentici presidi non solo della trasmissione e della fruizione del patrimonio culturale ma anche della tenuta stessa della democrazia, basata sul diritto alla conoscenza, sulla consapevolezza dei propri diritti e dei propri doveri e sul rispetto delle diversità. La diffusione di incontri e dibattiti, la costituzione di gruppi di lettura allargati anche a chi non ruota intorno all’abituale comunità di amici della libreria, la possibilità di avere una consulenza sia generalizzata sia a livello personale per la scelta di un libro, l’utilizzo non banale dei social media, il coinvolgimento di testimonial e personaggi conosciuti dalle diverse comunità della rete, possono per esempio non solo infondere maggiore vitalità ma anche consentire un’espansione sia quantitativa sia qualitativa dell’attività che va oltre la semplice, anche se fondamentale, sopravvivenza. Di conseguenza Price sostiene che, al di là di ogni rigida e sterile contrapposizione, un’intelligente e aperta collaborazione tra strumenti analogici e digitali può favorire l’apprendimento e invita a tenere di fianco a sé un dispositivo digitale per approfondire le ricerche o chiarire eventuali dubbi. Ogni lettore può così meglio soddisfare le sue esigenze e appagare ogni sua possibile curiosità.

Nuove opportunità 
I libri vengono da molti considerati tra le poche oasi dove poter sfuggire alla dittatura dei database, gli archivi in cui le informazioni sono organizzate attraverso tabelle che mettono in relazione i dati e consentono ricerche incrociate, ma da sempre i lettori evidenziano e selezionano i libri mentalmente o con la creazione di indici personalizzati per un rapido recupero delle informazioni di loro interesse. A questo proposito, Price segnala un lessico latino del Seicento in cui il proprietario si era costruito un vero e proprio “motore di ricerca”, con schede poste su numerose pagine in modo da contrassegnare le voci più utili per la consultazione. Ma internet non serve solo per approfondire un concetto, comprendere meglio il significato di una parola, verificare una relazione storica o geografica. Consente anche di poter interagire con l’autore e offre la possibilità di avere un supporto di immagini che altrimenti sarebbero difficili da consultare. Possiamo per esempio connetterci con l’archivio online della poetessa americana Emily Dickinson (https://www.edickinson.org) e vedere le sue poesie scritte a mano, ingrandirle e cogliere tutta la loro straordinaria energia. Ripercorrere il suo processo creativo, comprendere la sua sofferenza nel tracciare linee che sembrano incidere le pagine e condividere queste emozioni attraverso i social media. La rete ci offre inoltre la possibilità di verificare le notizie. A proposito per esempio della copia dell’Ulisse di Joyce appartenuta a Hemingway un documento accademico firmato da John Beall reperibile su internet (https://jjq.utulsa.edu) segnala, diversamente da Price, che in base al numero delle pagine non intonse lo scrittore americano ha probabilmente letto più di due terzi del libro. What We Talk About When We Talk About Books ci suggerisce quindi che la nostra idea di lettura deve ampliarsi per cogliere tutte le opportunità di un’età come la nostra in cui stampa e digitale, cultura materiale e immateriale si fondono indissolubilmente.

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“Con gli ebook era stata profetizzata la fine dei libri di carta, ma simili errate previsioni sono state fatte all’avvento di ogni nuovo mezzo di comunicazione”

“Agli inizi del suo percorso anche la stampa era stata avvertita come una tecnologia destabilizzante e in controtendenza rispetto agli strumenti allora usati”

“I libri dovrebbero dar vita a un dialogo costante tra autore e lettori che inizia dal loro contenuto e si estende ad altre considerazioni”

 “Le biblioteche pubbliche hanno ampliato il loro raggio d’azione con iniziative rivolte a un pubblico più ampio rispetto a quello degli utenti abituali”

“Ci sono numerose possibilità per salvare e rilanciare il sistema delle librerie indipendenti, che ha subito la chiusura di molti di punti vendita”

“La nostra idea di lettura deve ampliarsi per cogliere le opportunità di un’età in cui si fondono stampa e digitale, cultura materiale e immateriale”

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COME CAMBIA L’APPRENDIMENTO NELLA CLASSE DIGITALE
L’inserimento nelle aule di computer e lavagne interattive, la navigazione su internet e l’uso degli smartphone migliora davvero la formazione degli studenti?

L’antropologo inglese Gregory Bateson nel suo studio Naven sui riti delle popolazioni Iatmul della Papua Nuova Guinea suggerisce che è più importante il modo in cui apprendiamo rispetto alle nozioni che assimiliamo e che la conoscenza è strettamente legata all’ambiente in cui si vive. Ogni popolazione sviluppa infatti abilità diverse manifestate in modi differenti e questo può erroneamente far supporre che un gruppo etnico abbia migliori doti intellettive di un altro. La ormai frequente combinazione dell’uso di computer, internet e smartphone ha mutato le nostre abilità cognitive. L’apprendimento è sempre più in funzione dell’utilizzo di diversi software che consentono l’accesso alle informazioni o l’esecuzione di funzioni complesse senza la necessità di comprendere che cosa rende possibili queste operazioni. È poi diventato abituale un comportamento multitasking, cioè l’attitudine a svolgere più funzioni contemporaneamente, che porta spesso a confondere i diversi livelli in cui operiamo. Se prima dell’avvento degli strumenti digitali l’attenzione era focalizzata sulla persona del docente, oggi questa relazione privilegiata è stata erosa dalla possibilità di verificare sul proprio smartphone se quello che dice l’insegnante viene messo in dubbio da un diverso punto di vista e invece di fare domande ci si rivolge al proprio dispositivo mobile. Poter tradurre in tempo reale un testo diminuisce inoltre la capacità di comprendere in modo compiuto le frasi di cui è composto e di interpretarlo secondo la propria cultura e sensibilità. Computer e smartphone consentono poi, attraverso le news o i social network, di essere in collegamento continuo con il mondo, con la propria cerchia di familiari, conoscenti, amici e di oltrepassare i confini della classe. L’attenzione si riduce così inevitabilmente con conseguenze negative sull’apprendimento. Questi sono solo alcuni dei problemi che sorgono con l’introduzione nelle aule di strumenti digitali, ma non si deve dimenticare che il loro uso consapevole può offrire possibilità inedite e molto interessanti.


Cerith Wyn Evans, E=C=L=I=P=S=E, 2015.
Dalla mostra “….the Illuminating Gas”,
Pirelli HangarBicocca, Milano, 2019-2020.
Veduta dell’installazione, MUSEION, Bolzano, 2015.
Fondazione MUSEION. Museo di arte moderna e contemporanea Bolzano.

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