La minaccia nucleare

Sono passati più di settantacinque anni da quando, il 6 agosto 1945, l’aeronautica militare Usa ha gettato la prima bomba atomica su Hiroshima. Un evento che ha segnato un cambiamento profondo a livello esistenziale, geopolitico, tecnologico e culturale. Da allora il fungo atomico è diventato il simbolo dell’orrore, ma la deterrenza dell’uso di armi nucleari, unita a un crescente tabù nei loro confronti, che ha consentito agli Stati uniti e all’Unione sovietica di evitare uno scontro con esiti catastrofici durante la guerra fredda, hanno progressivamente rassicurato l’opinione pubblica, soprattutto quella occidentale, che ha in gran parte rimosso i fantasmi di una guerra totale.

Un’importante campagna della società civile
Attualmente si parla di nucleare soprattutto dal punto di vista energetico per ipotizzare reattori a fissione di quarta generazione, che a una sicurezza elevata dovrebbero unire la formazione limitata di scorie radioattive e bassi costi di produzione, ma si tende a dimenticare, come scrive Fred Kaplan in The Bomb  Presidents, Generals and the Secret History of Nuclear War (Simon and Schuster, pp. 372, 24,43 euro, eBook 14,03 euro) che Stati uniti e Unione sovietica, in una corsa insensata alla ricerca di mezzi sempre più potenti capaci di colpire un numero crescente di obiettivi, hanno accumulato oltre trentamila armi nucleari, un numero sufficiente per distruggere molte volte la vita sul nostro pianeta. Nel corso del dopoguerra a Usa e Urss si sono aggiunti Regno unito, Francia, Cina, India, Pakistan, Israele e Corea del Nord senza contare gli stati che hanno avviato programmi nucleari. Per contenere la produzione di armi atomiche nel 1970 è stato stipulato un Trattato di non proliferazione (Tnp), che non è però riuscito a fermarne la crescita né a garantirne l’eliminazione. Grazie alla Campagna internazionale della società civile per l’abolizione delle armi nucleari, nel 2017 è stato approvato dall’Onu il Trattato di Proibizione delle armi nucleari (Tpan), che dopo la ratifica di più di cinquanta stati, è entrato in vigore lo scorso anno con carattere vincolante. Questo importante risultato non ne assicura però l’eliminazione perché le nazioni che le detengono e che appartengono ad alleanze militari come la Nato tra cui l’Italia, che ne ospita il numero più elevato, non hanno partecipato ai negoziati, ma il loro possesso, l’uso e la minaccia saranno considerate un crimine contro l’umanità. L’autorevole rivista scientifica inglese The Lancet, ha più volte messo sotto accusa i test nucleari per le gravi conseguenze sulla salute pubblica e il Journal of Public Health ha inoltre recentemente affermato che una guerra avrebbe conseguenze dirompenti sulle persone e sui sistemi sanitari e con ripercussioni sociali incommensurabili.

Uroš Weinberger, “See”, 2014. Dalla mostra “After Hiroshima”, B#S Gallery, Treviso, 2017.
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