La democrazia degli algoritmi

Quando nel 1964 è uscito il libro di Eugene Burdick The 480 in cui l’autore catalogava 480 categorie di elettori, definiti per sesso, età, reddito, religione, luogo di nascita e di residenza e altre caratteristiche demografiche, le sue tesi vennero accolte con diffidenza. Era poco credibile che un’azienda privata potesse servirsi della tecnologia informatica e delle scienze comportamentali per influenzare decisioni importanti come un’elezione presidenziale. Sembrava fantascienza, ma Burdick aveva basato la sua narrazione su una società esistente, la Simulmatics Corporation, che alcuni anni prima aveva segretamente lavorato per la campagna elettorale di John Fitzgerald Kennedy e le 480 categorie elencate dall’autore nell’appendice del libro erano riprese integralmente dalle tipologie create da Simulmatics.

Territorio inesplorato
Come ci ricorda la storica e giornalista americana Jill Lepore nel suo libro If Then: How Simulmatics Corporation Invented the Future (Così la Simulmatics Corporation ha inventato il futuro, Liveright pp. 432, 15,98 euro, eBook 7,99 euro), Simulmatic è stata fondata nel 1959 con l’ambizione di proporre un nuovo tipo di scienza predittiva in un momento storico segnato dall’ansia della Guerra fredda e condizionato dalle esigenze dell’apparato difensivo degli Stati uniti. Durante gli undici anni che hanno segnato la sua attività e che rappresentano, come scrive Lepore, la “Shadow history of the 1960s” (la storia segreta degli anni 60) con la guerra del Vietnam, il movimento per i diritti civili, le riforme sociali della Great Society, le proteste e le rivolte contro la povertà e le ingiustizie razziali, Simulmatic ha anticipato il nostro attuale panopticon, cioè il potere invisibile degli apparati statali e delle grandi società private come Facebook, Google, Amazon, che basano il loro successo sulla previsione e la manipolazione dei nostri comportamenti e delle nostre decisioni anche in campo elettorale. Il creatore e presidente di Simulmatics (nome che unisce i concetti di “simulazione” e “automatico”) è stato Edward L. Greenfield, un ex dirigente di società di pubbliche relazioni il quale aveva intuito che la politica era un territorio inesplorato per un’attività di tipo pubblicitario. Dwight D. Eisenhower è stato il primo candidato alle elezioni presidenziali ad apparire negli spot televisivi al contrario del suo sfidante, il democratico Adlai Stevenson, il quale rifiutava l’uso di strumenti di persuasione di massa ed era fermamente contrario a quello che veniva definito il brainwashing (lavaggio del cervello), ma che venne sconfitto due volte nel 1952 e nel 1956. Greenfield ebbe l’idea di creare nella sua azienda un dipartimento di scienze sociali in cui riprodurre le diverse componenti dell’elettorato e di prevedere con l’aiuto dei primi computer, allora chiamati “cervelli elettronici”, e la consulenza di un informatico, di uno scienziato sociale e di un politologo, uniti dal desiderio di rinchiudere in termini matematici il comportamento umano, i risultati elettorali e di vendere le previsioni di voto.

Mondo sotterraneo
Ma com’era formato lo staff di Greenfield?: “They were midcentury white liberals in an era when white liberals were not expected to understand people who weren’t white or liberal” (erano liberali, bianchi in un epoca, la metà del Novecento, in cui non si pensava che i liberali bianchi dovessero capire le persone che non erano bianche o liberali), afferma Lepore. Burdick, che ha definito i componenti di Simulmatics “new underword” (il nuovo mondo sotterraneo), li descrive come persone spesso con un’ottima istruzione le quali, nonostante le buone intenzioni, hanno profondamente modificato il sistema politico americano e minato le basi stesse della democrazia rappresentativa ma che, nello stesso tempo, hanno anticipato i comportamenti degli attuali consulenti politici. Per la prima volta hanno infatti pensato di raccogliere una grande quantità di dati attraverso i sondaggi delle elezioni precedenti acquistati da società specializzate in analisi sociodemografiche come Gallup, li hanno suddivisi in cinquanta “issue attitudes” (atteggiamenti nei confronti dei problemi) e poi catalogato gli elettori in diverse categorie. Se per esempio un candidato doveva parlare dei diritti civili nel Sud, Simulmatic anche grazie all’apporto di un computer IBM 704 della Columbia University, era in grado di prevedere cosa avrebbe significato un tema così divisivo per ogni gruppo in cui era stata suddivisa la popolazione e, di conseguenza, riusciva a individuare i temi che potevano influenzare positivamente o negativamente la popolazione. Nel 1960 per la prima volta i due candidati alle presidenziali avevano accettato di sfidarsi nei dibattiti televisivi e i consigli di Simulmatic sono stati determinanti per la vittoria di Kennedy su Nixon.

Come una bomba atomica
Il team di Kennedy pensava di aver acquistato delle ricerche riservate, ma nel gennaio 1961, un giornalista di Harper’s Magazine riuscì a entrare in possesso di alcuni di questi dati e in concomitanza con l’insediamento del nuovo Presidente, il giornale uscì con il titolo: “The People-Machine”. Il “catenaccio” sottolineava: “The First Report on a Computing Device Secretly Designed for Democratic Presidential Campaign and on Its Consequences for Political Strategy” (La Macchina del popolo. Le prime rivelazioni su un dispositivo informatico progettato segretamente per la campagna presidenziale e sulle conseguenze per la strategia politica). Il politologo dell’Università di Yale Harold Lasswell, famoso per i suoi studi sulla teoria della comunicazione, disse: “This is the A-bomb of the social sciences” (Questa è la bomba atomica delle scienze sociali). Era solo l’inizio di una martellante campagna di stampa. Se per la United Press International era stato creato un pericoloso strumento di comunicazione in grado di influenzare i nostri comportamenti e le scelte degli elettori, il New York Herald Tribune scrisse che l’arma segreta di Kennedy era stato un mostro di nome Simulmatics.

Guerra psicologica
In seguito agli importanti risultati raggiunti in campo politico e nonostante le numerose contestazioni al suo modo di operare, Simulmatic decise di espandere il suo raggio di azione al comportamento dei consumatori in modo da poterlo prevedere, indirizzare e fidelizzare attraverso azioni mirate di marketing. Offriva alle società e alle agenzie pubblicitarie, ci ricorda Lepore: “A simulated population, a miniature United States, consisting of three thousand perfectly representative but entirely imaginary people” (la simulazione della popolazione degli Stati uniti, rappresentata da tremila persone perfettamente rappresentative ma immaginarie). L’iniziativa venne aspramente criticata da più parti. Si pensava che non fosse possibile determinare le scelte di una persona che, per esempio, fa la spesa ogni mercoledì, ha simpatie repubblicane, soffre di depressione e fa sempre colazione con succhi di frutta… cioè esattamente quello che fanno oggi con grande successo Facebook, Amazon e Google. Simulmatic riuscì inoltre a convincere l’Agenzia per i progetti di ricerca avanzata del Dipartimaento della Difesa Usa a finanziare un’attività di consulenza per supportare la guerra psicologica in Vietnam.

Sorveglianza onnipresente
I componenti dello staff inviati in Vietnam mostrarono i loro limiti a comprendere la realtà del paese e, nonostante il tentativo di Ed Greenfield, che nel 1966 cercò di ridare slancio alla consulenza con la creazione di un Centro di ricerca sulle azioni paramilitari, l’anno seguente il Pentagono decise di concludere la collaborazione. La parabola discendente della società era irreversibile e nel 1968, dopo uno studio non andato a buon fine proposto alla Commissione Kerner, istituita dal Presidente Lyndon Johnson per indagare sulle cause delle rivolte razziali e definire le politiche per prevenirle, dovette chiudere i battenti. Ma Simulmatic resta un’esperienza importante, che ha precorso i tempi anche se forse con troppo anticipo. I metodi che più di cinquant’anni fa sembravano illeciti e persino immorali sono ormai entrati prepotentemente nelle nostre vite. Facebook colloca i suoi oltre due miliardi e mezzo di utenti in un numero di categorie ben superiore alle 480 immaginate da Burdick e, cosa ben più grave, non sulla base di sondaggi volontari ma di una sorveglianza dissimulata e onnipresente. L’intelligenza artificiale conosce le nostre preferenze in campo culturale, sociale e politico e gli algoritmi ci suddividono secondo l’età, il sesso, la posizione sociale, il tipo di occupazione, il livello di istruzione, la conoscenza delle lingue, la situazione finanziaria, le relazioni e le preferenze sessuali. Ma non solo. Facebook e gli altri OTT (Over The Top) come Amazon e Google sono in grado di tracciare tutto o quasi quello che acquistiamo, leggiamo, guardiamo e quali interessi abbiamo. Un mondo distopico in cui siamo immersi senza quasi rendercene più conto.

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“Simulmatic ha anticipato il potere degli apparati statali e delle grandi società private che prevedono e manipolano i nostri comportamenti”

“Per la prima volta venne creato un dipartimento di scienze sociali in cui riprodurre le componenti dell’elettorato e simulare i risultati del voto”

“Nel 1960 i candidati alle elezioni presidenziali si sono sfidati in un duello tv e i consigli di Simulmatic sono stati decisivi per la vittoria di Kennedy”

“Per la United Press era nato un pericoloso strumento di comunicazione e per il ‘NY Herald Tribune’ l’arma di Kennedy era un mostro di nome Simulmatics”

“I metodi che più di cinquant’anni fa sembravano illeciti e persino immorali sono ormai entrati prepotentemente nelle nostre vite”

“L’intelligenza artificiale conosce le nostre preferenze in campo culturale, sociale e politico e gli algoritmi ci suddividono in categorie predefinite”

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LO “STRANO CASO” CAMBRIDGE ANALYTICA
Minacce e pericoli dell’uso improprio dei dati e delle informazioni personali

Fino a qualche anno fa nessuno aveva sentito parlare di Cambridge Analytica. Fondata a Londra nel 2013 da Robert Mercer, Alexander Nix e Steve Bannon per fare ricerche sui comportamenti degli elettori e dare consulenza politica a partiti, movimenti e associazioni, il suo nome è diventato celebre in relazione allo scandalo nato in seguito alla gestione di dati utilizzati per influenzare le campagne elettorali e in particolare quella che nel 2016 ha contribuito a far eleggere Trump alla presidenza degli Stati uniti con l’uso di dati personali, che avrebbero dovuto essere inaccessibili, raccolti su oltre cinquanta milioni di americani. Attraverso Cambridge Analytica gli utenti di Facebook, il social network che ha avuto il maggiore coinvolgimento e che è stato accusato aver partecipato a questa attività illecita, ma anche di Google, Twitter, Snapchat e di altre reti sociali sono stati bersagliati da migliaia di notizie e messaggi falsi. Con il supporto delle tecniche di psicometria, la disciplina che studia i comportamenti umani, Cambridge Analytica è riuscita a individuare la personalità dei singoli utenti e a inviargli informazioni personalizzate con blog, articoli, video e annunci fino a quando, come ha affermato un componente dello staff della società: “Hanno votato per il nostro candidato”. Perché, ha precisato: “It’s like a boomerang: you send your data out, it gets analyzed, and it comes back at you as targeted messaging to change your behavior” (È come un boomerang: invii i tuoi dati, che vengono analizzati e ti ritornano come messaggi mirati per cambiare il tuo comportamento”. Dopo la chiusura per bancarotta di Cambridge Analytica nel 2018 in seguito allo scandalo in cui era stata travolta, Facebook è diventato però ancora più potente tanto da potersi permettere di rifiutare nuovi annunci politici nell’ultima settimana prima delle elezioni presidenziali del 2020. Un gesto simbolico che è servito a evidenziare il suo straordinario potere di controllo. Jill Lepore nel libro If Then How Simulmatics Corporation Invented the Future sottolinea che: “Internet followed no rules but many mantras. Content must be free. Media solves all problems. Data drives predictions”. (Internet non ha seguito regole ma molti mantra. I contenuti devono essere gratuiti, i media risolvono tutti i problemi e i dati orientano le previsioni). Dato che governi non riescono a stabilire regole efficaci per salvaguardare la proprietà, la raccolta e la commercializzazione dei dati e delle informazioni personali e gli Over The Top fanno tutte le pressioni possibili per impedirlo, probabilmente siamo vicini alla fine della politica, almeno nelle forme finora conosciute.

Bruce Nauman, “Walks In Walks Out”, 2015. 
Dalla mostra
“Bruce Nauman: Contrapposto Studies”,
Punta della Dogana, Venezia. Jointly owned by the Philadelphia Museum of Art and the Pinault Collection. © Bruce Nauman / Artists Rights Society (ARS), New York.
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