Nel 2030 il nove per cento della popolazione mondiale sarà concentrata nelle trentatré metropoli più grandi del mondo, che contribuiranno alla formazione del quindici per cento del Pil globale. I centri con il maggior numero di abitanti non si troveranno in Europa o negli Usa ma in Asia, India e Africa, con megalopoli come Jakarta, la capitale dell’Indonesia, con trentacinque milioni di abitanti e Il Cairo con trenta milioni, che insieme a Lagos in Nigeria sarà il simbolo dell’ascesa del continente africano nella prima metà del Duemila. Le città africane saranno le più giovani e dinamiche, mentre la giapponese Osaka avrà la più alta percentuale di persone con più di sessantacinque anni, ma molti altri centri occidentali seguiranno la stessa tendenza.
Verso un’economia della conoscenza
Città dei quartieri, città circolare, città giardino, smart city, città sostenibile, città diffusa, sono alcuni dei principali modelli di riferimento per rispondere alla forte crescita dei centri urbani. Il nuovo mantra è la città resiliente, cioè in grado di sapersi adattare al mutare delle situazioni con un sistema flessibile di infrastrutture materiali e digitali, come suggeriscono le esperienze di New York, con la trasformazione di parte degli edifici per uffici in abitazioni in seguito alla crescita del lavoro da remoto, o di Rotterdam con l’adozione di una serie di pratiche per contrastare l’innalzamento dei mari attraverso l’adattabilità dei nuovi edifici alla fluttuazione del livello delle acque. Una nuova linfa per le città potrà venire dall’economia della conoscenza come suggerisce l’esperienza di Galway piccolo centro portuale sulla costa irlandese. Uno dei territori europei più depressi si è trasformato in un hub all’avanguardia nella produzione delle tecnologie mediche e biomediche attraverso un’efficace collaborazione tra imprese, università, imprenditorialità diffusa e finanza locale. I piani basati sulla conoscenza complessa possono però accentuare la polarizzazione dello sviluppo economico e creare disuguaglianze all’interno di uno stesso paese e tra i distretti che seguono modelli di sviluppo meno evoluti. Le disuguaglianze negli spazi urbani saranno al centro della prossima Esposizione della Triennale di Milano che si terrà nel 2025 con il titolo La città dei ricchi e la città dei poveri. Dato che ci sarà un’emigrazione molto superiore a quella attuale, le città dovranno cambiare e avremo la necessità di realizzare grandi spazi di accoglienza. “Costruiremo delle favelas, oppure dovremo costruire nuovi quartieri?”, si chiede l’architetto Stefano Boeri, presidente della Triennale, che in un’intervista al Corriere della Sera ha precisato: “Sono problemi enormi che riguardano tutta l’Europa, il Nord America, le città asiatiche e quelle del Golfo: là dove c’è acqua, cibo e lavoro”.