Il tecno-ottimismo e i suoi oppositori

Uso di internet a livello domestico, utilizzo su larga scala degli smartphone e dei social media, hanno costituito un’autentica rivoluzione non solo dal punto di vista tecnologico ma anche da quello sociale ed economico. A causa del crollo della new economy, legata al forte sviluppo delle conoscenze informatiche e digitali unito alla lunga recessione nata dopo all’attentato dell’11 settembre 2001 alle torri gemelle di Manhattan e culminata con le crisi dei mutui subprime del mercato immobiliare del 2007 e del debito sovrano degli stati europei, le nuove tecnologie non sono però state percepite dall’opinione pubblica in tutta la loro potenzialità. Sono al contrario emersi in modo particolare gli aspetti negativi sia riguardo all’inquinamento elettromagnetico sia per aver favorito la creazione di potenti monopoli e l’elusione fiscale, senza dimenticare che il loro utilizzo soprattutto da parte della Repubblica popolare cinese ha suscitato forti timori per le minacce alla privacy e alla sicurezza. Di conseguenza, numerose iniziative come per esempio le auto a guida autonoma sono state bloccate o rallentate. Oggi, a differenza del primo decennio del secolo l’ottimismo tecnologico pare invece aver preso il sopravvento, anche grazie alla produzione in tempi molto ridotti rispetto a quelli convenzionali di vaccini contro la pandemia di Covid-19.

Libertà e benessere
In seguito ai fondi straordinari previsti dal Next Generation UE per la transizione digitale, con cui l’Unione europea ha ridotto il divario con gli Stati uniti, la Cina, il Giappone e le economie più evolute del Sud est asiatico, che con il sostegno di forti investimenti pubblici e privati si trovano da tempo all’avanguardia nel settore delle tecnologie avanzate, sono progressivamente aumentate le speranze di essere alle soglie di una nuova era, che i più ottimisti si spingono a definire i “ruggenti anni Venti” sulla scia di un’analoga denominazione del secondo decennio del secolo scorso, forse senza ricordare che oltre alle importanti conquiste tecniche, scientifiche, in campo economico e del costume sono stati anche gli anni che hanno segnato la nascita del fascismo, del nazismo, dello stalinismo e che hanno portato alla Grande depressione del 1929. Se il pessimismo che ha caratterizzato il primo decennio degli anni duemila era probabilmente eccessivo, le attuali idee sul futuro sono però quasi certamente sovradimensionate. È quindi necessario prevedere quali saranno le innovazioni che possono contribuire alle libertà e al benessere delle persone insieme alla salvaguardia dell’ambiente.

Nuovi investimenti
Per meglio comprendere gli sviluppi futuri può essere utile fare una breve sintesi di alcune delle principali tappe che hanno segnato il progresso tecnologico a partire dalla prima rivoluzione industriale iniziata in Gran Bretagna nel XVIII secolo. Alle fabbriche e alla meccanizzazione, che hanno rapidamente trasformato una società basata sull’agricoltura, l’artigianato e il commercio, è seguita la seconda rivoluzione industriale con la realizzazione di altri fondamentali cambiamenti economici e sociali attraverso le ferrovie, la creazione della rete elettrica, la diffusione delle automobili, degli aerei, della medicina moderna, degli elettrodomestici e in modo particolare delle lavatrici, grazie al loro contribuito determinante per la liberazione delle donne dal lavoro di cura della casa. Negli anni Settanta del Novecento è iniziata la terza rivoluzione industriale, caratterizzata dall’avvento dell’elettronica, delle telecomunicazioni e dell’informatica. Da questo momento la crescita della produttività, fino ad allora in costante espansione, ha subito un rallentamento mitigato negli anni Novanta dall’uso sempre più esteso dei personal computer, poi continuato negli anni duemila con la grande recessione del 2007-2008 seguita da un lungo periodo di stagnazione, che ancora oggi fa sentire i suoi effetti. Ci sono buone ragioni per ritenere che questa fase negativa potrebbe essere superata grazie alla capacità delle tecnologie più evolute di avviare radicali processi di trasformazione. Si segnalano in modo particolare quelle in campo medico e biologico, legate non solo ai vaccini anti Covid-19 ma anche all’uso degli anticorpi monoclonali e alle terapie geniche molto efficaci per combattere numerose malattie degenerative, o alle inedite possibilità offerte dalla coltivazione di tessuti vegetali e animali in laboratorio, cui bisogna aggiungere i grandi progressi dell’intelligenza artificiale nel settore scientifico e tecnico, soprattutto nelle applicazioni degli algoritmi legati all’industria automobilistica e in particolare alla guida autonoma e a quelle di supporto al linguaggio umano. Un altro motivo di ottimismo viene dal forte incremento di investimenti nelle aree più industrializzate del pianeta nelle tecnologie legate ai computer, ai software informatici a ai processi di innovazione nella robotica industriale e nell’edilizia sostenibile. Inoltre, dopo un lungo periodo di riduzione, ha ricominciato a crescere la spesa pubblica in ricerca e sviluppo nei ventiquattro paesi dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) cui si aggiungono forti incrementi di investimenti privati soprattutto legati alla diagnostica medica, alle biotecnologie e ai semiconduttori, elementi fondamentali per la realizzazione dei componenti di base per la transizione ecologica e la costruzione di auto elettriche.

Filtri efficaci
In seguito alla pandemia è aumentata l’adozione di nuove tecnologie nelle attività lavorative e di studio attraverso l’home working, la didattica a distanza e le videoconferenze, nel commercio, che ha registrato un forte incremento delle abitudini di acquisto attraverso internet, nei pagamenti digitali e nella telemedicina. Questi nuovi strumenti se da una parte possono aiutare a migliorare i flussi di traffico e i livelli di assistenza anche nelle località più periferiche, dall’altra rischiano però, soprattutto per quanto riguarda il lavoro da casa e l’e-commerce di favorire la desertificazione dei centri storici e la perdita del valore della presenza fisica e degli scambi tra le persone nei luoghi di aggregazione, non solo dal punto di vista sociale ma anche da quello della produttività. È quindi difficile prevedere se questa nuova ondata tecnologica potrà realmente invertire la parabola discendente del dinamismo economico. Anche se il settore privato avrà una parte importante nel promuovere e sostenere le applicazioni più significative, il ruolo decisivo sarà quello dei governi che dovranno offrire il maggior sostegno possibile ai progetti potenzialmente più innovativi e favorire in tempi brevi il loro ingresso nel contesto economico e produttivo. Dovranno inoltre mettere dei filtri efficaci alle azioni di lobbyng, assicurare che le regole riescano a garantire il conseguimento dei risultati in tempi certi e in modo trasparente e favorire la concorrenza con apposite leggi antitrust. Sarà poi fondamentale il loro intervento per predisporre un’adeguata rete di protezione ai lavoratori dei settori che maggiormente risentiranno di questi profondi mutamenti.

Minacce inflattive
Un capitolo decisivo sarà infine quello dell’ambiente. La lotta al cambiamento climatico può avviare un processo virtuoso sia nella competizione fra diversi stati e aree geografiche sia tra le aziende più all’avanguardia, ma se l’energia verde non diventerà in tempi brevi più economica di quella prodotta dai combustibili fossili difficilmente riuscirà a stimolare una crescita a lungo termine. La transizione ecologica, come ogni cambiamento, non è infatti un processo lineare e prevede almeno all’inizio costi elevati, vincitori e vinti. In queste prime fasi della transizione ecologica si inizia a rilevare una crescente pressione inflazionistica determinata dagli incentivi pubblici, che mentre favoriscono la domanda dei componenti necessari per attuare il processo in atto, limitano contemporaneamente gli investimenti nelle strutture e nelle installazioni che producono i materiali indispensabili per attuarla come le miniere e le fonderie. Il risultato tra l’aumento di domanda e la restrizione dell’offerta è la cosiddetta “inflazione verde”, che provoca un forte rialzo dei prezzi di metalli e minerali come il rame, l’alluminio e il litio, che sono tra i componenti fondamentali delle tecnologie legate alle energie rinnovabili. La domanda di rame si scontra inoltre con i vincoli di natura ambientale e sociale, che improntano l’industria degli investimenti finanziari e il marketing ambientale. Di conseguenza vengono fortemente rallentate le attività estrattive nei paesi leader mondiali nella produzione di questo metallo tra cui il Cile e il Perù o in altri casi bloccate, come è avvenuto in Alaska, quando i tentativi di trovare nuove miniere potrebbero avere un effetto negativo sull’equilibrio ambientale. Nello stesso tempo la Cina, tra i maggiori produttori di minerali e metalli si è impegnata ad attuare restrizioni all’export di acciaio e alla produzione di alluminio in modo da ridurre la sua carbon footprint (impronta di carbonio). Dato che l’eolico e il solare utilizzano quantità di rame molto superiori rispetto all’energia elettrica tradizionale, ne deriva un aumento dei prezzi che causa un rialzo dell’inflazione. Un processo con conseguenze negative che potrebbero compromettere o ridurre l’efficacia della transizione verde.

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“Agli inizi sono emersi soprattutto gli aspetti negativi sia riguardo all’inquinamento elettromagnetico sia per aver favorito la creazione di monopoli”

“Sono progressivamente aumentate le speranze di essere alle soglie di una nuova era, che i più ottimisti definiscono i ‘ruggenti anni Venti’” 

“L’attuale periodo di stagnazione potrà forse essere superato dalla capacità delle tecnologie più evolute di avviare processi di trasformazione”

“Un altro motivo di ottimismo viene dall’incremento degli investimenti di spesa pubblica in ricerca e sviluppo nei ventiquattro paesi dell’Ocse”

“Il ruolo decisivo sarà quello dei governi che dovranno offrire il maggior sostegno possibile ai progetti potenzialmente più innovativi

“L’aumento di domanda e la restrizione dell’offerta di metalli e minerali come il rame, l’alluminio e il litio provoca l’‘inflazione verde’”

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VERSO LA GLOBALIZZAZIONE DELLE IDEE
Non solo merci. La nuova forma del commercio che rimodella il mondo

Nel suo nuovo libro Outside the Box: How Globalisation Changed from Moving Stuff to Spreading Ideas (Oltre gli schemi. Come è cambiata la globalizzazione, dal movimento delle cose alla diffusione delle idee, Princeton University Press, pp. 288, 27,22 euro, eBoook 18,71 euro), lo storico e giornalista americano Marc Levinson racconta la storia della globalizzazione e, in particolare, ci mostra la sua evoluzione in relazione ai cambiamenti demografici, tecnologici e dei gusti dei consumatori nel corso degli ultimi due secoli, da quando nel 1817 l’economista inglese David Ricardo fece comprendere che un paese può trarre dei vantaggi non solo attraverso l’importazione di materie prime e esportazioni di prodotti finiti ma anche dalla riduzione delle barriere doganali alle importazioni, favorite da invenzioni come il telegrafo e le navi a vapore transoceaniche, insieme agli investimenti esteri che hanno permesso all’Europa (allora al centro del mondo) di finanziare le acciaierie statunitensi, le ferrovie argentine e le miniere d’oro sudafricane. Un processo che ha superato diverse fratture e ha probabilmente raggiunto il culmine tra gli anni 80 del Novecento e la prima decade dei duemila, quando le aziende hanno iniziato a meglio valutare i rischi della globalizzazione prima delle limitazioni imposte della presidenza Trump. Ora, afferma Levinson, la globalizzazione è alle soglie di una nuova era in cui assume una minore importanza lo spostamento di beni materiali rispetto a quelli immateriali (servizi, informazioni e idee). Anche se la pandemia di Covid-19 ha ridato impulso alle esportazioni di merci, la tendenza a medio e lungo termine rimane invariata. Saranno quindi in misura sempre maggiore i bit e byte a definire la prossima fase della globalizzazione e a causare il declino di concetti come bilancia commerciale, esportazioni e importazioni, dato che in seguito alle catene di approvvigionamento globali queste definizioni non tengono conto in modo adeguato di progetti, componenti e politiche di marketing realizzati in paesi diversi da quello di riferimento. Ci avviamo quindi verso una forma di globalizzazione più sfuggente e difficile da inserire in quadro di norme condiviso.

Neil Beloufa, Screen Talk. Dalla mostra Digital Mourning, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2021-22. 

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