Una nuova aristocrazia è nata negli Usa

È in corso un cambiamento profondo della nostra società che non riguarda solo chi viene escluso dalla realizzazione di questo processo, ma coinvolge anche chi attualmente ne trae i maggiori benefici perché lentamente ma inesorabilmente soffoca l’economia, rende instabile la politica ed erode la democrazia. Secondo gli economisti Emmanuel Saez e Gabriel Zucman, docenti all’UC Berkeley se nel 1963 le 160.000 famiglie appartenenti allo 0,1 per cento dell’upper class americana detenevano il 10 per cento della ricchezza degli Stati uniti, nel 2012 la loro quota era salita al 22 per cento. Una crescita che è andata esclusivamente a scapito del 90 per cento rappresentato dalla parte meno abbiente della società. Se infatti a metà degli anni Ottanta questa deteneva il 35 per cento della ricchezza nazionale, dopo circa tre decenni la sua percentuale è calata di 12 punti, esattamente la stessa quota con cui è aumentato il patrimonio dello 0,1 più benestante. Tra i due estremi, costituiti rispettivamente dal 90 e dallo 0,1 per cento, si trova un terzo gruppo, formato dal rimanente 9,9 per cento della popolazione, che nello stesso periodo è riuscito a mantenere la sua percentuale di ricchezza, maggiore di quella posseduta dalla somma delle altre due classi. L’insieme di queste persone costituisce la nuova aristocrazia della società americana.

Un ascensore che non sale più
Una élite di persone appartenenti alla middle class costituita da avvocati, medici, operatori di fondi di investimento, docenti, ricercatori e professionisti che operano in diversi settori dell’industria e dell’economia. Secondo un’analisi del Pew Research Center i componenti di questo 9,9 per cento sono in maggioranza bianchi. Gli afroamericani rappresentano solo l’1,9 per cento, gli ispanici il 2,4 per cento e tutte le altre minoranze l’8,8 per cento, anche se l’insieme di questi gruppi costituisce il 35 per cento della popolazione degli Usa. Contrariamente all’opinione comune che negli Stati uniti le disuguaglianze sono giustificate dalla possibilità di mobilità e miglioramento economico, i meccanismi che regolano l’ascensore sociale si sono usurati e tendono a farlo scendere invece che a salire. Nella maggior parte dei casi si appartiene infatti alla nuova aristocrazia grazie alla famiglia e all’ambiente in cui si è nati. Gli economisti esprimono questa realtà attraverso l’IGE (Intergenerational Earnings Elasticity) cioè l’elasticità del reddito intergenerazionale, una scala di valori che definisce la relazione tra il reddito di una persona e quello dei propri genitori.

I vantaggi dei legami familiari
L’elasticità del reddito intergenerazionale a livello zero significa che non c’è alcuna relazione tra il reddito dei genitori e quello dei figli, mentre al grado uno corrisponde una totale corrispondenza tra la ricchezza personale e quella familiare. Per Miles Corak, professore di Economia alla City University di New York, nella metà del secolo scorso l’IGE negli Stati uniti era inferiore allo 0,3 per cento mentre attualmente è di circa lo 0,5 per cento ed è più elevato di quello della maggior parte dei paesi con economia sviluppata (https://milescorak.com/2012/01/12/here-is-the-source-for-the-great-gatsby-curve-in-the-alan-krueger-speech-at-the-center-for-american-progress/). Gli Usa insomma assomigliano più al Cile o all’Argentina che al Giappone, alla Germania, al Canada o ai paesi scandinavi. Nel 2012 l’economista Alan Krueger, docente alla Princeton University ed ex presidente del Consiglio dei consulenti economici dell’amministrazione Obama in un report sulla mobilità internazionale (https://obamawhitehouse.archives.gov/sites/default/files/krueger_cap_speech_final_remarks.pdf) ha stabilito un legame preciso tra disuguaglianza e immobilismo sociale (https://obamawhitehouse.archives.gov/blog/2013/06/11/what-great-gatsby-curve) e, di conseguenza ha archiviato in modo definitivo l’idea che il nostro successo non ha nessuna relazione con la sconfitta degli altri. Se in passato la funzione di proteggere e mantenere i propri privilegi era affidata all’aristocrazia ora questo compito viene svolto dall’élite del 9,9 per cento. Sono solo cambiate le strategie. Questa classe sociale, oltre alla ricchezza finanziaria, si definisce per una serie di privilegi come l’appartenenza familiare, le amicizie, la rete di social network, la salute, la cultura e il quartiere dove abita. Negli Stati uniti obesità, diabete, malattie cardiache, renali e del fegato sono per esempio due, tre volte più diffuse nelle persone che hanno un reddito annuo familiare inferiore a trentacinquemila dollari rispetto a chi può contare su più di centomila dollari. A questi dati bisogna aggiungere che gli Usa sono l’unico paese del mondo sviluppato in cui, dagli inizi del 2000 al 2015, è aumentata la mortalità tra i bianchi di mezza età scarsamente istruiti, causa suicidi, decessi per droga e alcol. È nata insomma una nuova specie che si allontana sempre più da chi, oltre al reddito, non può disporre di una serie di benefici derivati dai legami di famiglia e di classe. Inoltre, come ha sottolineato Thomas Piketty, docente alla Paris School of Economics, nel suo bestseller Il capitale nel XXI secolo edito in Italia da Laterza, come nei romanzi dell’Ottocento di Jane Austen e Honoré de Balzac, il consolidamento e l’egemonia di questa nuova aristocrazia si basa anche sui matrimoni fra persone della stessa condizione sociale ed economica.

Il privilegio dell’educazione
Si raddoppiano così i patrimoni e si formano alleanze che aumentano le distanze da chi non rientra nel 9,9 per cento anche perché tutti i privilegi di essere parte dell’élite vengono trasferiti ai propri figli, che prolungano nel tempo e aumentano il loro vantaggio competitivo nei confronti di chi ne è escluso dato che negli Stati uniti il 90 per cento meno abbiente della popolazione per cercare di tenere il passo deve frequentemente indebitarsi in modo significativo riducendo così drasticamente le sue capacità di accedere ad altri bisogni fondamentali come la salute. Se nel 1985 nei college più selettivi il 54 per cento degli studenti proveniva da famiglie situate nelle fasce meno elevate della distribuzione del reddito, nel 2010 queste rappresentavano solo il 33 per cento (https://www.nytimes.com/interactive/2017/01/18/upshot/some-colleges-have-more-students-from-the-top-1-percent-than-the-bottom-60.html). Per riaffermare la propria origine ereditaria la nuova meritocrazia mostra una maggiore apertura ai diversi gruppi etnici e alle differenze di genere, ma dietro l’apparenza si nascondono i consueti sistemi della selezione in base alla classe sociale di appartenenza attuati soprattutto attraverso il filtro delle scuole private. Il 97,8 per cento degli studenti Usa si laurea nelle scuole pubbliche, ma questi rappresentano rispettivamente solo il 26 e il 28 per cento di laureati in università prestigiose come Harvard e Princeton. Il prezzo molto alto delle tasse scolastiche (dal 1963 al 2013 il costo è più che triplicato rispetto agli stipendi medi) viene infatti compensato dalla possibilità di ambire a guadagni molto più elevati rispetto a chi non ha queste referenze.

Un pericolo per la democrazia
Negli Stati uniti chi ottiene la laurea in una università considerata prestigiosa può guadagnare il 70 per cento in più dei propri coetanei non laureati. Questo vantaggio è aumentato del 50 per cento rispetto al 1950 ed è molto superiore a quello degli altri paesi sviluppati. In Norvegia e Danimarca, per esempio, il beneficio è inferiore al 20 per cento, in Giappone al 30 per cento, mentre in Francia e Germania è di circa il 40 per cento. Il fatto che i laureati abbiano un reddito molto superiore alla media non dipende principalmente dal merito, ma dalla possibilità di accedere alle professioni più remunerative. Oltre la metà dei laureati della Ivy League (il marchio che unisce le otto università più elitarie degli Usa) ha seguito studi di finanza, consulenza manageriale, medicina o legge e guadagna in media il doppio dei colleghi degli altri paesi più progrediti perché ha creato delle corporazioni chiuse che hanno limitato fortemente la concorrenza. Di conseguenza, maggiore è il beneficio che deriva dalla possibilità di frequentare un college importante, minore è la mobilità sociale. Chi ha un reddito elevato può inoltre contare su un sistema di tassazione più favorevole. Chi guadagna meno paga infatti, in percentuale, tasse molto maggiori di chi ha entrate superiori e si può avvalere di minori detrazioni fiscali oltre a non godere delle stesse sovvenzioni in caso di eredità. I figli delle famiglie ricche nascono così con un vantaggio quasi sempre irrecuperabile anche perché abitano in quartieri, che oltre ad avere molto incrementato il valore delle abitazioni, consentono migliori condizioni di vita, possono contare su scuole di maggiore qualità, non obbligano a faticosi spostamenti quotidiani per recarsi al lavoro, favoriscono le relazioni sociali e hanno minori tassi di criminalità. Si allontana così pericolosamente il principio di uguaglianza che è alla base di ogni democrazia e si aprono scenari inquietanti per il futuro perché, come ci ricorda la curva del Grande Gatsy, i paesi con più elevate differenze sociali e di reddito sono anche quelli meno dinamici. Una situazione che nel lungo periodo diventa una minaccia non solo alla convivenza civile ma anche allo sviluppo economico.

 

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“Il 9, 9 per cento della popolazione degli Usa ha una ricchezza superiore a quella posseduta dalla somma delle altre componenti della società”

“Se in passato la funzione di mantenere i privilegi era affidata all’aristocrazia ora questo compito viene svolto dall’élite del 9,9 per cento”

“Contrariamente all’opinione comune le possibilità di mobilità sociale e di miglioramento economico in base al merito sono moto limitate”

“È nata una nuova specie che si allontana sempre più da chi non può disporre di una serie di benefici derivati dai legami di famiglia e di classe”

“Il consolidamento e l’egemonia di questa nuova aristocrazia si basa anche sui matrimoni fra persone della stessa condizione sociale ed economica”

“Si allontana pericolosamente il principio di uguaglianza che è alla base di ogni democrazia e si aprono scenari inquietanti per il futuro”

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LA TECNOLOGIA PUÒ RIVOLUZIONARE LA SCUOLA?
Le nuove sfide della scienza dell’apprendimento

Anche se i computer hanno  profondamente mutato la nostra vita e definito nuovi modi di apprendere e comunicare, nel campo della scuola l’avvento della tecnologia dell’informazione ha alternato, soprattutto nel nostro paese, lunghi periodi di opposizione a brevi momenti di entusiasmo, anche a causa della preferenza dei metodi tradizionali della maggior parte degli insegnanti, spesso condivisa dalle rappresentanze sindacali. Oggi tuttavia le nuove teorie della conoscenza stanno sollecitando anche i più scettici a prendere in considerazione i possibili benefici di un’educazione aperta alle tecnologie più avanzate. Grazie al forte sostegno dei fondatori di Facebook e di Microsoft Mark Zuckerberg e Bill Gates, molte scuole di tutto il mondo hanno iniziato a usare nuovi software per personalizzare l’insegnamento a misura dei singoli studenti (https://www.economist.com/briefing/2017/07/22/technology-is-transforming-what-happens-when-a-child-goes-to-school). Ma per avere successo l’uso dei bot deve porsi al servizio della scuola attraverso un uso discreto e intelligente che supporta ma non si sovrappone ai metodi scelti dai docenti, attori fondamentali nel processo di apprendimento come sottolineano anche gli studi più recenti, e aiuta gli studenti a monitorare e valutare i progressi o gli eventuali problemi nello studio delle diverse materie, per esempio attraverso lezioni online che prevedono l’uso di test. L’importante è non trascurare le basi dell’insegnamento tradizionale fondato non solo su un rapporto empatico tra educatori e allievi, ma anche su date, fatti e regole, indispensabili per una formazione davvero completa e con basi sicure. È inoltre necessariooperare in modo che l’educazione tecnologica aiuti a diminuire e non ad aumentare le disuguaglianze nel campo dell’istruzione, strumento fondamentale per contrastare e vincere le crescenti differenze sociali e di reddito che provocano gravi squilibri e minacciano non solo le regole del vivere civile ma anche la crescita culturale, economica e le basi stesse della democrazia.

 

Piet Mondrian, Composizione con grande rosso, giallo, nero, grigio e blu, 1921. Dalla mostra Viert 100 Jaar Mondrian en De Stijl, Gemeentemuseum Den Haag, L’Aja.

 

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