Secondo il rapporto annuale dell’OMM, l’Organizzazione meteorologica mondiale delle Nazioni unite The WMO State of Global Climate 2021 (https://public.wmo.int/en/media/press-release/four-key-climate-change-indicators-break-records-2021) pubblicato il 18 maggio 2022, i quattro maggiori indicatori per definire il cambiamento climatico (concentrazioni di gas serra, innalzamento dei livelli del mare, calore e acidificazione degli oceani) hanno toccato livelli mai raggiunti in precedenza. Lo studio precisa inoltre: “This is yet another clear sign that human activities are causing planetary scale changes on land, in the ocean, and in the atmosphere, with harmful and long-lasting ramifications for sustainable development and ecosystems, according to the World Meteorological Organization (WMO)” (Secondo la WMO, l’Organizzazione meteorologica mondiale, questo è un altro chiaro segno che le attività umane hanno provocato mutamenti a livello planetario sulla terra, negli oceani e nell’atmosfera con conseguenze dannose e di lunga durata per lo sviluppo sostenibile e gli ecosistemi). Per la WMO il clima estremo, caratterizzato da temperature molto elevate, uragani, incendi, inondazioni, frane e smottamenti ha causato non solo perdite economiche per centinaia di miliardi di dollari ma anche un pesante sacrificio di vite umane e un duro colpo alla sicurezza alimentare e idrica.
Condividere esperienze
Gli anni tra il 2015 e il 2021 sono stati i più caldi finora mai registrati. La temperatura media globale ha segnato un aumento di oltre un grado Celsius rispetto al livello del periodo della seconda rivoluzione industriale (1850-1900) e sono molto elevate (93 per cento) le probabilità che entro il 2026 si possa segnare un nuovo record di caldo. Salgono inoltre al 50 per cento le possibilità di raggiungere e superare la soglia di 1,5 gradi fissata come obiettivo dalla Conferenza di Parigi delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici del 2015 (COP21), confermati dalla COP26 di Glasgow nel 2021 e dalla COP27 di Sharm el-Sheikh nel 2022. Per contrastare queste pericolose tendenze il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha sollecitato un’azione urgente e incisiva per una transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili. Le città sono attualmente responsabili di circa il settantacinque per cento delle emissioni globali di anidride carbonica e rappresentano una delle cause principali della crisi climatica, ma possono anche diventare protagoniste di un percorso di cambiamento per limitare o risolvere questi gravi problemi grazie a una burocrazia generalmente più snella rispetto a quella statale, a rapporti più stretti con residenti, imprese, istituzioni dei territori e a un più ampio utilizzo delle fonti rinnovabili. In tutto il mondo numerose città hanno creato delle associazioni per condividere esperienze e avere traguardi comuni.
Raggiungere gli obiettivi
Un esempio interessante è quello del Global Covenant of Mayors for Climate & Energy (https://www.globalcovenantofmayors.org) la più grande alleanza globale per la salvaguardia climatica delle città. Coinvolge i sindaci di circa diecimila amministrazioni locali che rappresentano quasi ottocento milioni di persone, impegnate a ridurre le proprie emissioni attraverso un piano di azione comune. Da segnalare anche l’impegno di settantasette paesi, dieci regioni e più di cento città per raggiungere entro il 2050 la soglia di zero emissioni nette (https://sdg.iisd.org/news/77-countries-100-cities-commit-to-net-zero-carbon-emissions-by-2050-at-climate-summit/), una condizione in cui per ogni tonnellata di gas serra che si diffonde nell’atmosfera a causa delle attività umane (produzione di beni, erogazione di servizi, spostamenti ecc.) se ne elimina la stessa quantità. Le città sono particolarmente esposte ai cambiamenti climatici anche perché la maggior parte dei centri abitati si trova in prossimità di zone costiere e corre pericoli per l’innalzamento del livello dei mari, che possono provocare inondazioni e tempeste (https://www.c40.org/what-we-do/scaling-up-climate-action/adaptation-water/). Un’altra grave emergenza è rappresentata dall’inquinamento atmosferico. Per la World Health Organisation, l’Organizzazione mondiale della sanità, nel 2016 il novanta per cento della popolazione urbana globale ha subito conseguenze per la contaminazione dell’aria. Si calcolano circa sette milioni di decessi all’anno in seguito a ictus, tumori, malattie delle vie respiratorie e dell’apparato cardiocircolatorio (https://www.who.int/news/item/02-05-2018-9-out-of-10-people-worldwide-breathe-polluted-air-but-more-countries-are-taking-action). Le città sono quindi determinanti nel raggiungimento degli obiettivi di risanamento delle condizioni ambientali indicati nel Sustainable Developement Goals dell’Onu come strategia per un futuro più equo e sostenibile, data la loro fondamentale presenza nei settori dell’energia, delle infrastrutture, dei trasporti, delle abitazioni, dell’utilizzo dell’acqua e del suolo. Come suggerisce il Rapporto Ren21 redatto da un gruppo internazionale di esperti nelle energie rinnovabili, Renewable in cities 2019. Global Status Report (https://www.ren21.net/wp-content/uploads/2019/05/REC-2019-GSR_Full_Report_web.pdf ) la difesa degli equilibri climatici può anche offrire alle città opportunità economiche in seguito alla formazione di nuovi insediamenti industriali, nel campo del commercio, dei servizi e dei trasporti a basso o nullo impatto sull’habitat.
Prevenire e gestire i rischi
Con Race to Resilience (https://www.theclimategroup.org/join-race-to-resilience) il movimento globale formato da organizzazioni non governative come enti locali, imprese, università, istituzioni finanziarie e gruppi di cittadini a sostegno delle comunità più vulnerabili ai rischi ambientali che minacciano quattro miliardi di persone, la metà della popolazione mondiale, le Nazioni unite si sono impegnate nella lotta al cambiamento climatico. Per l’Italia Race to Resilience è promossa da Italy for Climate, iniziativa della Fondazione per lo sviluppo sostenibile in collaborazione con l’Ambasciata britannica a Roma e prevede la creazione di piattaforme a disposizione di regioni, province e comuni in cui confrontare le esperienze e le soluzioni più efficaci con particolare attenzione alle azioni di prevenzione, pianificazione e gestione dei rischi non solo per adattarsi nel modo migliore ai mutamenti in atto, ma anche per sviluppare il benessere economico e sociale nonostante gli stress atmosferici (https://italyforclimate.org/race-to-resilience/). Il ruolo dei Comuni e delle città metropolitane è infatti ritenuto fondamentale per raggiungere la neutralità climatica e si può rivelare un’occasione importante di innovazione, nuovo sviluppo e occupazione.
Ridefinire l’azione antropica
Oltre a Race to Resilience, le Nazioni unite hanno promosso, sempre con la collaborazione di organizzazioni non governative, il progetto Race to Zero (https://italyforclimate.org/race-to-zero/) per raggiungere entro il 2050 la neutralità carbonica attraverso l’assorbimento delle emissioni di gas serra con la crescita del patrimonio arboreo e forestale o l’utilizzo di tecnologie mirate. Queste pratiche vengono però messe in dubbio da numerosi scienziati tra cui il fisico teorico americano della New York University Steven E. Koonin e il fisico dell’atmosfera Franco Prodi. Nel suo libro Unsettled: What Climate Science Tell Us, What it Doesn’t, and Why It Matters (BenBella Books, pp. 320, 22,90 euro, eBook 13,03 euro) Koonin, che è stato Under Secretary for Science nei governi di Barack Obama, nega le tesi dominanti sui mutamenti climatici. Afferma che nessuna catastrofe è alle porte e che i problemi del pianeta sono addebitabili solo in piccola parte all’azione antropica. Koonin contesta in modo particolare il sistema dei media, che per aumentare lettori e audience enfatizza alcuni dati a discapito di una corretta comprensione dei fenomeni in atto, come per esempio l’intensificazione di allagamenti, siccità o cicloni tropicali.
Difendere il territorio
A sostegno della sua tesi, Koonin ricorda che questi eventi vengono classificati dall’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) dell’Onu, il foro scientifico che studia il riscaldamento globale, come “low confidence” (scarsamente attendibili) e sottolinea che i modelli e gli scenari utilizzati per prevedere lo stato del pianeta nel 2050 non danno nessuna certezza e soprattutto non hanno valore prescrittivo. L’anidride carbonica è un gas molto stabile e i tagli previsti dal Green Deal europeo per raggiungere la neutralità climatica, nonostante gli alti costi sociali ed economici, difficilmente riusciranno a contenere l’aumento delle temperature entro i due gradi. Per Franco Prodi, climatologo di fama internazionale, l’attività umana non è la principale causa dell’aumento delle temperature terrestri. A sostegno delle sue tesi ha più volte ricordato alcuni esempi storici come il periodo caldo medievale tra il IX e il XIV secolo in cui si sono registrate temperature superiori a quelle attuali, che hanno coinvolto anche l’Alaska, e rilevati numerosi periodi di siccità. Per Prodi le le cause dei mutamenti climatici sono più complesse di come ci vengono presentate e le emissioni di CO2 non costituiscono l’unica causa del riscaldamento globale. Bisogna invece considerare i danni provocati dal degrado ambientale e gli effetti dei fenomeni fisici su scala planetaria come l’irradiazione solare, la complessità del filtro atmosferico e altre varianti che consigliano atteggiamenti meno dogmatici. Come ha affermato in un’intervista al quotidiano Il Foglio del 2 luglio 2022: “C’è un mondo, la cui fisica è lo scattering, dove le onde elettromagnetiche interagiscono con gas e particelle e questo è un aspetto che pone incertezze sostanziali. Quelli che vengono fatti sono scenari, che possono essere catastrofici come l’innalzamento del livello del mare e il riscaldamento globale… Ogni volta che si tiene un vertice internazionale sembra quasi che sia la parola divina sulla scienza, e solitamente c’è sempre una deriva pessimista su quello che sarà il futuro… Bisognerebbe fermare subito questo treno. Che sia Copenaghen, Parigi, Glasgow. Di Kyoto non vengono nemmeno rispettate le linee guida. Dovrebbe essere chiaro che tutto questo va fermato perché è un treno che determina le scelte dell’umanità intera. Siccome non sappiamo fare delle previsioni, salvaguardiamo quello che sappiamo misurare, che è l’inquinamento del pianeta. La tutela dell’ambiente deve essere prioritaria”.
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“Per l’Organizzazione meteorologica delle Nazioni unite il clima estremo causa pesanti perdite economiche, minaccia la sicurezza alimentare e idrica”
“I sindaci di diecimila amministrazioni locali nel mondo, si sono impegnati a ridurre le proprie emissioni attraverso un piano di azione comune”
“La difesa degli equilibri climatici può dare alle città vantaggi economici con la formazione di nuovi insediamenti produttivi a basso o nullo impatto”
“Italy for Climate prevede la creazione di piattaforme per regioni, province e comuni in cui confrontare le esperienze e le soluzioni più efficaci”
“Numerosi scienziati come l’americano Steven E. Koonin e l’italiano Franco Prodi contestano molte delle tesi dominanti sui cambiamenti climatici”
“Per Koonin e Prodi i problemi del pianeta sono addebitabili solo in piccola parte all’azione antropica e nessuna catastrofe è alle porte”