Nuove linee di sviluppo urbano

Alla perdita di influenza della città globale, che coincide con la crisi dei modelli occidentali in campo culturale e istituzionale e con il declino dell’egemonia geopolitica unipolare, fanno da contrappunto numerose proposte per una nuova identità urbana come Smart City, città giardino, città dei servizi, città impresa, città dei quartieri, città policentrica, città flessibile e città circolare. Alla base di tutte queste idee c’è il comune progetto di rendere i centri abitati in grado di affrontare e superare anche gli eventi più estremi dal punto di vista ambientale, climatico, sociale e sanitario mediante una rete diffusa di infrastrutture che si possono adattare in modo semplice ed efficiente ai cambiamenti. Una particolare attenzione viene riservata agli spazi dedicati al lavoro, che prevedono delle attività ibride da svolgere sia in presenza sia da remoto. Una filosofia fondata sulla possibilità di dare maggiore autonomia alle persone nella scelta dei luoghi, degli orari e degli strumenti da utilizzare grazie a una organizzazione non più strutturata in modo verticale ma orizzontale in cui le mansioni sono meno rigidamente definite, nell’ambito di una innovativa idea di città dove, come suggerisce l’urbanista e docente di architettura della Sorbona Carlos Moreno, studioso di sistemi complessi, tutti i servizi essenziali sono raggiungibili in un quarto d’ora.

Modello circolare
Una città policentrica che si pone l’obiettivo di superare la frattura tra vita e lavoro e di sviluppare una mobilità declinata in base ai bisogni dei cittadini con il potenziamento del servizio pubblico, l’incremento di piste ciclabili e altre forme di trasporto sostenibile. Un organismo fluido dove viene superata la dicotomia tra centro e periferia con uno sviluppo urbano fondato sull’autonomia e al tempo stesso sull’integrazione dei servizi tra i diversi quartieri secondo un progetto che può essere adottato con successo sia nei paesi più socialmente avanzati sia in quelli con difficoltà di crescita o povertà diffusa grazie a un modello di economia circolare dove si limita in modo significativo il consumo delle risorse naturali e soprattutto dell’acqua, attraverso il riuso, il riciclo, la rigenerazione, l’incremento delle energie rinnovabili, la conservazione e la valorizzazione dei beni naturali e culturali. Un diverso tipo di crescita che favorisce l’equilibrio tra centro abitato, paesaggio ed ecosistema, sviluppo industriale, della logistica e del terziario, abitanti e turisti, mentre salvaguardia l’ambiente, riduce i costi, aumenta e migliora la qualità dell’occupazione.

Paesaggio bene comune
Per raggiungere questi scopi è necessario creare delle sinergie tra risorse pubbliche e private, organizzazioni profit e non profit attraverso un’economia sociale urbana in cui gli enti pubblici dovranno definire gli obiettivi, stabilire le linee guida e indicare i limiti dei diversi tipi di intervento soprattutto nei progetti in cui è predominante la gestione dei beni comuni. Un’economia solidale, che non solo partecipa alla creazione di benessere economico, ma attiva anche dei circuiti virtuosi di relazioni e collaborazioni dove viene tutelata la qualità della vita, ridotta la povertà e sono limitati gli sprechi. Un’attenzione particolare deve essere riservata alla tutela del patrimonio ambientale, storico e culturale, quali elementi fondanti dell’identità dei luoghi e delle persone in cui si condensano tutti i valori di un territorio. Nelle proposte contenute nell’Historic Urban Landscape (https://whc.unesco.org/en/activities/638) dell’Unesco, l’Organizzazione delle Nazioni unite per l’educazione, la scienza e la cultura, la conservazione del paesaggio e lo sviluppo di una regione sono infatti complementari, concorrono al bene comune, favoriscono l’inclusione e la coesione delle persone. Nel preambolo del testo ufficiale della Convenzione europea del paesaggio (http://www.convenzioneeuropeapaesaggio.beniculturali.it/index.php?id=2&lang=it) si sottolinea inoltre che “il paesaggio svolge importanti funzioni di interesse generale, sul piano culturale, ecologico, ambientale, sociale e costituisce una risorsa favorevole all’attività economica… Se salvaguardato, gestito e pianificato in modo adeguato, può contribuire alla creazione di posti di lavoro”. Il territorio diventa così il catalizzatore di un nuovo modello di sviluppo in cui la tutela dell’ambiente si unisce agli interessi della comunità e a quelli degli operatori economici. Come ha scritto Luigi Fusco Girard, professore emerito all’Università Federico II di Napoli di Economia ed Estimo ambientale e di Economia urbana su Bene Comune (https://www.benecomune.net/rivista/rubriche/le-citta-del-ben-vivere/un-nuova-visione-culturale-e-urbanistica/una-nuova-economia-urbana-sostenibile-e-solidale/) numerosi esempi di valorizzazione del paesaggio come patrimonio culturale “hanno caratterizzato non solo le esperienze di larga scala condotte per esempio nelle città capitali europee della cultura (da Glasgow, Liverpool, Tallin a Istanbul, Lille, Marsiglia, Porto, Tessalonica ecc.) ma anche nelle città di piccola dimensione come quelle appartenenti alla rete internazionale di Slow Cities… In queste esperienze si possono distinguere benefici all’economia urbana e in particolare all’economia immobiliare, all’economia ambientale, all’economia turistica, all’economia culturale, all’economia sociale, all’economia industriale; benefici alla salute/benessere degli abitanti”.

Riuso dei materiali
Sette medie e grandi città europee (Apeldoorn nei Paesi Bassi, Bodø in Norvegia, Mikkeli in Finlandia, Porto in Portogallo, Siviglia in Spagna, Høje-Taastrup e Roskilde in Danimarca) si sono recentemente riunite nel progetto CityLoops (https://cityloops.eu) un’iniziativa all’avanguardia nella gestione dei flussi dei rifiuti, con l’obiettivo di porsi come modelli a livello internazionale nella transizione verso l’economia circolare mediante una pianificazione condivisa con i cittadini. Nell’ambito del progetto ogni città si è data uno scopo prioritario. Se per esempio Siviglia si è concentrata sulla riduzione dei consumi e sulla limitazione degli sprechi di acqua, l’incremento del riutilizzo e del riciclo dei rifiuti provenienti dai materiali di demolizione e costruzione, uno dei settori industriali che consumano più risorse e producono il maggior numero di scarti, Porto si propone di migliorare la circolarità dei rifiuti organici e di ridurre il più possibile lo spreco alimentare. Apeldoorn ha invece iniziato la sperimentazione di un’identità circolare come elemento fondamentale di un diffuso progetto di ristrutturazione degli spazi pubblici (strade, spazi verdi, arredo urbano e revisione del sistema dei parcheggi) realizzato esclusivamente con elementi di recupero e con la collaborazione degli abitanti, mentre Høje-Taastrup punta soprattutto sul riuso dei componenti edilizi nei lavori pubblici. I materiali di recupero non utilizzati vengono raccolti e catalogati per essere disponibili, con l’aiuto di manuali, guide per l’uso e scansioni in 3D, in modo semplice e accessibile per nuovi progetti da attuare nelle stesse aree in cui i rifiuti sono stati prodotti.

Città diffusa
Tra gli altri numerosi programmi di rigenerazione urbana basati sul recupero e la creazione di aree verdi, l’accesso a spazi sicuri e rispettosi del territorio in cui attraverso il decentramento ogni quartiere viene messo in grado di attuare una mobilità attiva, ospitare abitazioni di tipo diverso e rendere disponibili alloggi a prezzi accessibili, si segnalano Twenty minutes neighborhood di Portland e Melbourne, Five minutes to everything a Copenaghen e la formazione di un assessorato alla Ville du quart d’heure a Parigi per la definizione di una città in cui è possibile raggiungere a piedi o in bicicletta (l’automobile non è stata presa in considerazione) tutti i servizi essenziali come scuole, strutture sanitarie, trasporti pubblici, parchi, biblioteche, supermercati, negozi di prossimità di alimentari, abbigliamento e altri generi essenziali, farmacie, centri culturali e ricreativi, cinema e teatri. Molte altre città hanno deciso di avviarsi lungo un percorso simile. Nel luglio 2020, novantaquattro metropoli di tutti i continenti, tra cui Roma, Milano e Venezia si sono riunite nel gruppo C40 (https://www.c40.org) con lo scopo di coordinare un’azione comune contro i cambiamenti climatici e per contribuire alla costruzione di un futuro più sostenibile ed equo grazie alla lotta alle disuguaglianze. Anche Genova ha avviato un progetto di riqualificazione urbana denominato “la città dei due chilometri”, basato su un’idea di Renzo Piano e un progetto di Luca Dolmetta che comprende il restyling del Silos Hennebique, di parte del centro storico e il collegamento al fronte mare di Levante con pista ciclabile e mobilità sostenibile. L’idea di una città basata su quartieri funzionali collegati tra loro, ipotizzata negli anni Settanta del Novecento dall’architetto danese Jan Gehel, è stata ripresa da molti progettisti urbani che ipotizzano la realizzazione di un network tra le città europee connesse con una digitalizzazione capillare e una fitta rete di trasporti pubblici su rotaia ad alimentazione elettrica fino ad arrivare alla costituzione di un’unica grande metropoli. La visione dell’Europa come città diffusa in cui centri abitati e campagna si alimentano reciprocamente attraverso un continuo e vitale rapporto dialettico.

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“Un progetto di città dove, come suggerisce il docente della Sorbona Carlos Moreno, i servizi essenziali sono raggiungibili in un quarto d’ora”

“Una crescita fondata sull’autonomia e al tempo stesso sull’integrazione dei servizi tra i diversi quartieri secondo un modello di economia circolare”

“Il territorio diventa il catalizzatore di uno sviluppo in cui la tutela dell’ambiente si unisce agli interessi della comunità e degli operatori economici”

“I benefici dell’economia sociale urbana si estendono al turismo, alla cultura, all’industria, all’artigianato, alla salute e al benessere degli abitanti”

“Un tipo di sviluppo che rappresenta anche un efficace contrasto alla crisi climatica e riduce la dipendenza energetica dai combustibili fossili”

 “L’idea di una città basata su quartieri collegati tra loro è utilizzata da molti progettisti che ipotizzano un network tra tutti i centri europei”

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NEL SEGNO DELLA TRANSIZIONE ECOLOGICA
Una diversa economia per centri abitati sostenibili e inclusivi

Il Terzo Rapporto 2021 sull’economia circolare in Italia realizzato dal gruppo di lavoro del Circular Economy Network e dall’Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (https://www.improntaetica.org/wp-content/uploads/2021/03/Scarica-il-Rapporto.pdf) dedica uno spazio particolarmente importante alla gestione dei rifiuti urbani, un settore in cui l’Italia mantiene, anche se con minori margini rispetto agli anni precedenti, il primo posto nell’Unione europea seguita da Francia, Germania e Spagna e propone il passaggio da un sistema produttivo non sostenibile per quanto riguarda l’uso eccessivo e squilibrato di risorse a un modello che ha i propri punti di forza nell’equilibrio ambientale, sociale ed economico. Uno dei principali obiettivi è quello di arrivare a una forte riduzione dei consumi organici, che attualmente rappresentano circa il quaranta per cento degli scarti prodotti, grazie alla limitazione degli sprechi alimentari e attraverso una maggiore sinergia con i settori industriali per quanto riguarda le fasi di trattamento e smaltimento dei rifiuti. Fondamentali saranno anche le azioni delle amministrazioni pubbliche per arrivare alla diminuzione e migliore gestione degli scarti edili, spesso molto difficili da eliminare con politiche che favoriscano le imprese che possono garantire il recupero e il maggiore utilizzo possibile dei materiali riciclati, oltre a un maggiore impegno da parte degli Enti territoriali per favorire lo smaltimento dei rifiuti plastici e l’adozione di pratiche di raccolta differenziata che incentivino il riutilizzo di materiali come il vetro e la ceramica, la cui produzione richiede molta energia. L’economia circolare può così trasformare profondamente la vita delle città e renderle più vivibili e inclusive per le persone che le abitano. Un modello di crescita fondato in modo particolare sulla tutela e il rispetto dell’ambiente che non solo offre maggiori possibilità di impiego di capitali e occasioni di lavoro per ridurre disuguaglianze e squilibri sociali, ma rappresenta anche un contrasto efficace alla crisi climatica e alla riduzione della dipendenza energetica dai combustibili fossili.

Dadamaino, Il movimento delle cose, 1989 (particolare). Dalla mostra Dadamaino. Il movimento delle cose, Galleria Frittelli arte contemporanea, Firenze, 2022.
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