Il paradiso perduto della democrazia

L’immagine dei ragazzi di Hong Kong con gli ombrelli aperti per difendersi dai gas lacrimogeni lanciati dalla polizia, che hanno sfidato il potere autoritario di Pechino, è rimasta impressa in modo indelebile nella nostra memoria. Una rivolta pacifica, ispirata a Nelson Mandela, Martin Luter King e a Henry David Thoreau, il filosofo statunitense che con il suo saggio Civil Disobedience ha affermato che è possibile non rispettare le leggi quando vengono usate contro la coscienza e i diritti dell’uomo. La protesta democratica nell’ex colonia britannica, che la Cina ha trasformato nella sua cassaforte finanziaria, dei giovani liceali, universitari e ricercatori, cui si è unita quella del movimento Occupy Central, ha inevitabilmente richiamato la piazza insanguinata di Tienanmen, dove più di un quarto di secolo fa è stata soffocata nel sangue la richiesta di maggiore libertà da parte degli studenti cinesi. Senza dimenticare piazza Tharir e le primavere arabe, dove le rivolte sono state provocate da regimi caratterizzati da corruzione diffusa, mancanza di libertà civili e individuali, violazione dei diritti umani e da condizioni di vita, che spesso raggiungono l’estrema povertà. In occidente si ricordano in modo particolare la rivoluzione arancione in Ucraina, che nel 2004 ha contestato i brogli delle elezioni presidenziali, Occupy Wall Street, il movimento di contestazione pacifica che nel settembre del 2011 ha denunciato a New York gli abusi del capitalismo finanziario, tra le cause principali della diffusa iniquità economica e sociale e gli Indignados, che si sono battuti a favore di una democrazia partecipativa e hanno a lungo lottato contro le politiche economiche del governo spagnolo.

Progressiva erosione dello stato di diritto
In Italia sono molti i delusi dalla politica e dalla mancanza di una vera democrazia rappresentativa che però si rifugiano soprattutto nella rinuncia al diritto di voto. Nel nostro paese, stiamo assistendo da lungo tempo a una progressiva erosione dello stato di diritto causata dall’impossibilità per i cittadini di scegliersi i parlamentari, dalle difficoltà che incontrano le leggi di iniziativa popolare, dalla scarsa tutela per minoranze e opposizioni, dai privilegi dei parlamentari in materia di arresti, intercettazioni e perquisizioni, dalla carente amministrazione della giustizia e dal mancato accoglimento nel nostro ordinamento di numerose norme Cedu (Corte europea dei diritti dell’uomo) tra cui il reato di tortura e di trattamenti inumani o degradanti, cui si aggiungono la mancanza di indipendenza del sistema radiotelevisivo pubblico, la presenza di monopoli e conflitti di interessi nel campo dell’informazione. Situazione resa più grave dalla scarsa autonomia dei poteri di controllo e dalle controriforme del Senato delle autonomie e della legge elettorale che, se approvate dal referendum confermativo del prossimo ottobre, aboliscono l’elezione diretta dei senatori, scelti dalle regioni tra consiglieri regionali e sindaci, consentendo così ai segretari dei partiti di continuare a nominare deputati e senatori e di trasformare il parlamento nell’organo esecutivo di un governo dipendente dal premier. Un parlamento sotto il segno del trasformismo, svuotato dalle sue competenze con il ricorso sempre più frequente a decreti legge e voti di fiducia, sintomo di grave debolezza istituzionale. Il governo ricorre infatti continuamente a questi provvedimenti per evitare divisioni all’interno della maggioranza, mentre il parlamento, ormai incapace di agire in modo autonomo, subordina la propria attività legislativa ordinaria a quelle misure che l’agenda politica considera prioritarie o d’emergenza.

Un mondo possibile
A partire dalla seconda metà del XX secolo, la democrazia si è radicata profondamente anche in situazioni di grande difficoltà come, per esempio, la Germania e l’Italia appena uscite dai traumi del nazismo e del fascismo, l’India e, nei primi anni 90, il Sudafrica con l’abolizione dell’apartheid. Dagli inizi degli anni 70, la seconda fase della decolonizzazione ha creato un ambiente favorevole alla nascita di numerosi stati democratici in Africa e Asia, cui si aggiunge la caduta di molti governi autoritari e totalitari in Grecia (1974), Spagna (1975), Argentina (1983), Brasile (1985) e Cile (1989). Il collasso dell’Unione sovietica ha poi creato numerose, anche se non sempre radicate, democrazie nell’Europa centrale. Nel 2000 Freedom House, l’organizzazione non governativa internazionale con sede a Washington che svolge attività di ricerca su democrazia e libertà politiche, ha rilevato 120 stati democratici nel mondo su 192 monitorati, che rappresentavano il 63 per cento del totale.

Crisi dei valori occidentali
Questo progressivo sviluppo delle libertà democratiche, che sembravano destinate a diffondersi in tutto il mondo, ha però iniziato a declinare dagli inizi degli anni 2000 e, anche nei paesi dove la democrazia è più consolidata, si registra una diffusa disillusione sui risultati raggiunti e sugli obiettivi futuri. Ancora oggi, circa il 40 per cento della popolazione mondiale vive in stati dove si tengono libere elezioni, ma il processo democratico si è arrestato e ha iniziato a percorrere una parabola discendente. Freedom House ha calcolato che il 2014 è stato l’ottavo anno consecutivo in cui sono diminuite le libertà. Ma i problemi che sta attraversando la democrazia sono probabilmente superiori a quello che i numeri possono suggerire. Molti stati autoritari consentono infatti lo svolgimento di elezioni periodiche, ma non concedono i diritti civili, politici, economici, sociali fondamentali e non ammettono la presenza delle istituzioni di controllo che assicurano il corretto funzionamento di una democrazia. Le cause principali, che hanno portato all’attuale fase calante delle libertà e messo in evidenza il declino dei valori occidentali, sono state la crisi finanziaria del 2007-2008 e la crescita esponenziale economica e politica della Cina. La Repubblica popolare cinese si basa su un modello politico ibrido, che manifesta il suo autoritarismo attraverso il controllo capillare della pubblica opinione e il carcere ai dissidenti ma, contemporaneamente, è attento ad affrontare le richieste della popolazione, mostrandosi spesso più efficiente di quello democratico. In soli due anni, per esempio, la Cina ha esteso i contributi previdenziali a 240 milioni di abitanti delle zone rurali. Un numero maggiore del totale delle persone che possono contare su contributi pensionistici negli Stati uniti. La Cina sta inoltre estendendo il suo modello alternativo a paesi in via di sviluppo in Africa, Asia e Vicino oriente. Leader autoritari governano anche in Russia, dove dalla fine del 1999 domina come uno zar postmoderno Vladimir Putin, che ha ricoperto ininterrottamente le cariche di primo ministro e, per due volte, di presidente, Siria, Egitto, Turchia, Argentina, Venezuela, Bangladesh, Tailandia e Cambogia, smentendo l’idea che la democrazia possa crescere e diffondersi in modo spontaneo nei territori dove viene seminata, come dimostra in modo emblematico il caso dell’Iraq.

Affermazione dei partiti populisti
All’espansione degli stati autoritari si aggiungono le difficoltà di alcuni dei paesi di maggiore tradizione liberale, che hanno tentato di esportare, con risultati insoddisfacenti, norme e istituzioni democratiche in nazioni con cultura e tradizioni molto lontane da questa forma di governo. Negli Stati uniti, per esempio, le regole istituzionali sono spesso minacciate dal potere eccessivo delle lobby e dal gerrymandering, il metodo per ridisegnare i confini dei collegi elettorali maggioritari in modo da favorire i candidati di un partito. A questo si uniscono la lentezza e la complessità della legislazione, che favoriscono le classi più abbienti a danno delle fasce deboli della popolazione. Non è migliore la situazione nell’Unione europea. Nel 1999 la decisione di introdurre l’euro è stata presa direttamente da Bruxelles senza consultare le popolazioni (solo in Svezia e Danimarca si sono tenuti referendum consultivi, entrambi contrari all’introduzione della moneta unica) e, tra il 2011 e il 2012, nel periodo più difficile dell’eurocrisi, in Italia e Grecia i governi democraticamente eletti sono stati sostituiti da quelli tecnici. Il predominio della tecnocrazia nei centri di potere europei ha provocato una profonda e radicata insoddisfazione, che ha favorito la nascita in numerosi stati europei dei partiti populisti, il cui l’esempio più significativo è l’affermazione in Francia del Front National di Jean-Marie Le Pen alle ultime elezioni europee tenutesi due anni fa.

Nuove richieste di democrazia
James Madison e John Stuart Mill, due tra i padri fondatori del moderno stato di diritto, hanno affermato che la democrazia è un meccanismo potente ma imperfetto, che ha bisogno di essere rivitalizzato periodicamente. Negli Usa, per ridare slancio al sistema democratico, il Senato americano ha reso più difficile il filibustering (l’ostruzionismo per ritardare o impedire l’approvazione di una legge) da parte dell’opposizione e alcuni stati hanno introdotto le primarie aperte, che consentono il voto a tutti i cittadini e non solo ai militanti. Sono state inoltre costituite delle commissioni indipendenti per ridisegnare i collegi elettorali, evitando così i pericoli di gerrymandering, ed è stata approvata la riforma per il finanziamento dei partiti, che obbliga a rendere pubblico l’elenco dei donatori, anche se rimangono ancora escluse le organizzazioni no profit, dietro le quali spesso si nascondono interessi privati molto forti. Ma la democrazia, per poter esprimere tutte le sue potenzialità ha bisogno di riforme più ambiziose, fondate sulla possibilità, da parte di tutti i cittadini e non solo delle maggioranze, di controllare e mettere dei limiti all’azione del governo e agli interessi dei settori più influenti della popolazione, come affermano lo Statuto delle Nazioni unite (1945) e la Dichiarazione universale dei diritti umani (1948).

Scelte innovative in Svezia, California e Finlandia
I governi hanno numerose possibilità di bilanciare il loro potere con gli interessi dei cittadini. In Svezia, per esempio, grazie all’introduzione delle sunset clauses le leggi restano in vigore per un periodo di tempo limitato e, di conseguenza, i politici, con la consulenza di commissioni indipendenti, sono spinti a rinnovarle o cambiarle ogni 10 anni. Fondamentale è inoltre riuscire a bilanciare le forze della globalizzazione con le richieste di democrazia e gli interessi locali. Il filosofo francese Alexis de Toqueville, tra i fondatori del pensiero liberale, ci ricorda che la dialettica espressa a livello locale rappresenta il punto più elevato di democrazia. La moderna tecnologia può dare maggiore slancio all’idea di Toqueville, favorendo la partecipazione diretta della popolazione alle scelte politiche sul territorio. In California, per esempio, il sistema di democrazia diretta viene usato per chiedere il parere dei cittadini sulle scelte più importanti in tema di tasse e spesa pubblica. Grazie a questa decisione e all’impegno di commissioni indipendenti, sono state così realizzate importanti riforme nel campo del welfare. In Finlandia, il governo sta seguendo un percorso simile a quello della California per riformare il sistema pensionistico. Il parlamento ha inoltre approvato la decisione di valutare le iniziative e le proposte di legge che provengono direttamente dalla popolazione tramite internet e superano la soglia di 50.000 firme. Città del Messico, che entro l’inizio del 2017 si trasformerà da distretto federale in un vero e proprio stato, ha lanciato un grande esperimento di democrazia digitale crowdsourcing e ha chiesto la collaborazione dei cittadini per redigere la nuova costituzione attraverso i social media. Queste esperienze di e-democracy, che uniscono tecnologia e partecipazione diretta, sono destinate a crescere e diffondersi e possono ridare vitalità alla democrazia che, nonostante i problemi e le difficoltà, rimane ancora oggi la forma migliore di stato e di governo.

 


 

“Anche in molti paesi dove si tengono libere elezioni, il processo democratico si è arrestato e ha iniziato una parabola discendente”

“All’espansione crescente degli stati autoritari si aggiungono le difficoltà di alcuni paesi di maggiore tradizione liberale”

“Negli Stati uniti la lentezza e la complessità della legislazione protegge le classi più abbienti a danno delle fasce deboli della popolazione”

“In Europa il predominio della tecnocrazia ha provocato una profonda e radicata insoddisfazione, che ha favorito la nascita dei partiti antisistema”

“Nuove esperienze che uniscono tecnologia e partecipazione diretta, sono destinate a diffondersi e possono ridare slancio alla democrazia”

“In Finlandia il parlamento ha deciso di valutare le proposte di legge popolari che arrivano attraverso internet e superano la soglia di 50.000 firme”

 


 

Crisi degli stati nazionali, un disagio che ha radici profonde
Difficile equilibrio tra globalizzazione, richiesta di autonomie e lotta tra gruppi di potere

La democrazia moderna si è manifestata soprattutto attraverso gli stati nazionali e l’elezione di parlamentari in rappresentanza della volontà popolare. Ma questo schema è entrato in crisi per l’azione di due forze contrastanti che sono entrate in azione contemporaneamente. Da una parte la globalizzazione e, dall’altra, la richiesta sempre più ampia di autonomie, o di secessione dallo stato centrale da parte di nazioni come la Scozia, regioni come la Catalogna, o di alcuni stati federali in India. A questo si aggiunge il potere crescente delle lobby e delle organizzazioni non governative. Con sondaggi e petizioni a ritmo continuo, queste associazioni hanno acquisito un’importanza crescente e hanno messo in crisi il modello classico di democrazia basato su elezioni che si susseguono a distanza di alcuni anni e non di giorni, o settimane come attualmente impone l’agenda dei media. Una situazione che spinge i politici ad azioni di impatto immediato sull’opinione pubblica e non a progetti autenticamente riformisti, che possono avere successo solo a medio o lungo termine, specialmente in presenza di crisi economica ed elevati debiti sovrani. Una crescita lenta e tagli alla spesa pubblica, provocano, come ci ricorda la situazione italiana, conflitti spesso molto aspri tra diversi gruppi di potere che competono per ottenere risorse sempre più limitate. In Occidente, a questi problemi si aggiunge il divario tra le richieste della popolazione più anziana, che può contare su un numero maggiore di voti e di gruppi organizzati di pressione sui governi, e le esigenze della popolazione più giovane che, spesso condannata al precariato perenne, non si riconosce più nella forma partito e vota in percentuali sempre minori. La democrazia insomma sta attraversando una crisi profonda, cui si aggiunge il declino dell’egemonia degli Stati uniti, nazione simbolo, insieme alla Gran Bretagna, di questa forma di governo, cui per un lungo periodo si sono ispirati molti paesi.

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Frame dal film L’uomo con la macchina da presa di di Dziga Vertov, 1929. Dalla mostra The Power of Pictures: Early Soviet Photography, Early Soviet Film al Jewish Museum, New York. Courtesy Deutsche Kinemathek.

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