Ritorna la disobbedienza civile

Considerata per lungo tempo un ideale irrinunciabile, una conquista fondamentale sotto l’insegna dell’uguaglianza e della salvaguardia dei diritti delle persone, l’essenza stessa del progresso, la democrazia viene sempre più spesso messa sotto accusa per le sue difficoltà a governare gli eventi divisivi e contradditori del momento storico che stiamo vivendo, tanto da far affiorare il concetto che altri sistemi di governo possano essere altrettanto validi o addirittura più auspicabili. Insidiata da poteri sovranazionali come per esempio l’Unione europea e il capitalismo su scala globale e da una diffusa perdita di valori che l’hanno trasformata in una parola svuotata dei suoi contenuti originari, la democrazia è alla ricerca di nuovi punti di riferimento. Negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento (vedi box qui sotto) per rispondere a una diversa, ma altrettanto profonda crisi di valori, si è affermata l’idea che la democrazia si può riscattare solo scendendo nelle strade attraverso libere manifestazioni dei cittadini in lotta contro i poteri oligarchici e le disuguaglianze. È ancora possibile rifarsi a quel modello o è invece necessario mettere a punto nuove forme di protesta?

Quando opporsi è un dovere
Le azioni di disobbedienza civile nascono quando i cittadini sentono il dovere di opporsi a uno stato ingiusto. I nomi di riferimento sono quelli di David Henry Thoreau, Hannah Arendt, Mahatma Gandhi, Martin Luther King e, nel nostro paese, di Aldo Capitini, don Lorenzo Milani, Norberto Bobbio, Marco Pannella ed Emma Bonino. Incarcerato nel 1846 per non aver pagato la tassa imposta dal governo per finanziare la guerra contro il Messico, che portò all’annessione del Texas e della California, considerata ingiusta e in contrasto con i principi di libertà e uguaglianza sanciti dalla costituzione americana, Thoreau nel saggio Disobbedienza civile, pubblicato nel 1848, sostiene che è possibile non rispettare le leggi quando vanno contro la coscienza e i diritti delle persone, ispirando le prime organizzazioni di protesta non violenta. Concetti ripresi da Harendt nel 1970, in seguito alla lunga stagione che ha segnato la storia degli Stati uniti con la conquista dei diritti degli afroamericani e contro la guerra in Vietnam, la quale propone una collocazione costituzionale dei movimenti di opposizione. Nella seconda metà degli anni Settanta, Norberto Bobbio, autore insieme a Nicola Matteucci e Gianfranco Pasquino de Il dizionario della politica (Utet, pp. X-1041, 19,90 euro) scrive che “la disobbedienza civile è una forma particolare di disobbedienza, in quanto viene messa in atto allo scopo immediato di mostrare pubblicamente l’ingiustizia di una legge e allo scopo mediato di indurre il legislatore a mutarla”. Di conseguenza, “mentre la disobbedienza comune è un atto che disintegra l’ordinamento (…) la disobbedienza civile è un atto che mira in ultima istanza a mutare l’ordinamento, è insomma un atto non distruttivo ma innovativo”.

Movimenti che nascono dal basso
I caratteri specifici della disobbedienza civile sono, precisa Bobbio, l’“azione di gruppo” e la “non violenza”, che la differenziano sia dai comportamenti di resistenza individuale come l’obiezione di coscienza o il tirannicidio sia “dalla maggior parte delle forme di resistenza di gruppo che hanno dato luogo, là dove sono state effettuate, a manifestazioni di violenza (dalla sommossa alla ribellione, dalla rivoluzione alla guerriglia)”. A distanza di più di quarant’anni dalle parole di Bobbio, la disobbedienza civile ha assunto una dimensione planetaria diffusa attraverso i new e gli old media della comunicazione globale. I movimenti di protesta si formano dal basso nei momenti storici in cui i principi di libertà e giustizia da astratti diventano concreti, come testimoniano per esempio negli Stati uniti, la nazione in cui l’idea di democrazia attiva è particolarmente diffusa, le azioni di MoveOn.org, l’associazione Usa di cittadinani a favore delle politiche pubbliche progressiste, fondata nel 1998 come gruppo bipartisan in risposta alla richiesta di impeachment di Bill Clinton, che con la petizione “Censor Clinton and move on” ha chiesto di censurare il comportamento dell’allora presidente ma anche di focalizzarsi su problemi più importanti, cui sono seguiti la condanna della guerra in Iraq nel 2003, la formazione di Occupy Wall Street, il movimento nato nel 2011 per denunciare gli abusi del capitalismo finanziario, e di Black Lives Matter (BLM) l’organizzazione che si è formata nel 2013 nella comunità afroamericana in risposta alle violenze razziste e agli omicidi della polizia a Ferguson, in Missuri, e ha denunciato altri casi di violenze a Chicago e a Cleeveland nell’Ohio.

Nuove forme di attivismo
Azioni che hanno favorito la sensibilizzazione di larga parte della popolazione sui temi legati ai valori della democrazia e hanno contribuito in modo determinante al successo della campagna di Bernie Sanders. Tra le altre prese di posizione, è particolarmente significativa la lotta contro l’oleodotto che attraverserà la riserva indiana di Standing Rock. Nonostante non abbia ottenuto il risultato atteso, ha suggerito nuove e inconsuete forme di attivismo. Lewis Grass Rope, leader della tribù sioux di Lower Brule, si è unito al movimento di Standing Rock e ha montato il suo tepee (la tipica tenda di forma conica) a Cannon Ball, nelle pianure del North Dakota, dove si è presto insediato un vasto accampamento di nativi provenienti da tutte le riserve degli Usa vestiti con abiti tradizionali. La protesta si è così trasformata in un evento diffuso a livello internazionale dai media di tutto il mondo a favore della tutela delle popolazioni indigene e della loro terra, capace di contrastare l’economia basata sui combustibili fossili. Una lezione di civiltà che traccia un nuovo, diverso modo di far valere i propri diritti e sarà fonte di ispirazione per le altre minoranze formate da afroamericani, musulmani, latinos, immigrati, ambientalisti e persone con disabilità.

Solidarietà senza confini
Anche in Europa e nel Vicino Oriente si sono formai dei movimenti senza frontiere che non si limitano a protestare, ma propongono soluzioni alternative a quelle adottate dai governi e dalla comunità internazionale come è avvenuto ad Amburgo nel corso dell’ultimo G20, il forum che oltre all’Unione europea riunisce i diciannove paesi più industrializzati (rappresenta circa i due terzi del commercio e della popolazione mondiale) e a Istanbul con la marcia per la giustizia. Il forum di Amburgo è stato offuscato dal successo di Solidarietà senza confini, la manifestazione che ha concluso i cinque giorni di proteste contro il vertice del G20 cui, nonostante il clima teso, hanno partecipato pacificamente quasi centomila persone appartenenti a numerose delegazioni internazionali. In opposizione ai risultati al ribasso del forum, ha saputo esprimere una grande varietà e ricchezza di contenuti in tema di ambiente, commercio e immigrazione, raggiunti dopo alcuni giorni di workshop, tavole rotonde e un summit alternativo con migliaia di partecipanti e numerosi oratori impegnati sia a livello teorico sia dell’attivismo sul fronte dei diritti umani in favore di un mondo più equo, sostenibile e pacifico.

La forza della nonviolenza
In Turchia operai, minatori, impiegati, giornalisti, professori universitari, familiari di detenuti politici, cui si sono uniti alcune centinaia di migliaia di cittadini, hanno dato vita nello scorso mese di luglio alla “marcia per la giustizia”, lo stato di diritto e la democrazia, lungo la strada che da Ankara, la capitale, porta a Istanbul, principale centro industriale, finanziario e culturale del paese. Una “lunga marcia” di 432 chilometri, durata 25 giorni, organizzata da Kemal Kiliçdaroğlu, presidente del CHP, il partito repubblicano del popolo, la principale forza politica laica e di opposizione, contro il regime del presidente della repubblica Erdoğan. Una folla interminabile e ordinata ha sfilato ripetendo senza tregua le parole: “Hak, Hukuk, Adalet” (diritto, legge, giustizia). Un cammino iniziato il 15 giugno da Kiliçdaroğlu, il giorno seguente la condanna a 25 anni di carcere del vicepresidente del suo partito con l’accusa di terrorismo e spionaggio, che alla conclusione del corteo davanti a oltre un milione di persone ha affermato: “Abbiamo marciato per denunciare che il potere giudiziario è sottoposto al controllo dell’esecutivo, per opporci al regime di un solo uomo, per rompere il muro della paura”. Un’azione, che insieme alla “marcia del sale” del Mahatma Gandhi del 1930 in India ha raggiunto uno dei punti più alti delle nonviolenza e dimostra quanto questo tipo di lotta sia ancora attuale ed efficace.

 


“Secondo Thoreau, che ha ispirato i primi movimenti di protesta è possibile non rispettare le leggi se vanno contro i diritti delle persone”

“Negli anni 60 del Novecento si è affermata l’idea che la democrazia si può riscattare solo scendendo nelle strade contro i poteri oligarcici”

“I movimenti di opposizione si formano dal basso nei momenti storici in cui i principi di libertà e giustizia da astratti diventano concreti”

“La lotta contro l’oleodotto che attraverserà la riserva indiana di Standing Rock si è trasformata in un evento diffuso in tutto il mondo”

“Anche in Europa e nel Vicino Oriente ci sono delle organizzazioni che non si limitano a dissentire ma propongono soluzioni alternative”

“In Turchia la marcia per la giustizia, lo stato di diritto e la democrazia ha riunito moltissimi cittadini contro il regime di Erdoğan”

 


Le lotte simbolo degli anni 50 e 60
L’importanza delle azioni di protesta per i diritti degli afroamericani

La conquista dei diritti dei neri americani è stata resa possibile grazie alle campagne di disobbedienza civile che hanno segnato gli anni 50 e 60. L’episodio simbolo di questa presa di coscienza collettiva è stato il rifiuto di Rosa Parks di cedere il posto su un autobus a un bianco. Più di sessant’anni fa, il primo dicembre del 1955, a Montgomery, in Alabama, Rosa Parks, moglie di un attivista del movimento dei diritti civili, stava tornando a casa. Non trovando un posto libero nel settore riservato agli afroamericani, allora rigidamente diviso da quello dei bianchi, decise di sedersi in uno dei sedili situati in mezzo ai due compartimenti, che potevano essere utilizzati sia dai bianchi sia dai neri, ma se saliva un bianco e non ci fossero state altre possibilità, quest’ultimo aveva il diritto di sedersi. Poco dopo di lei salì un uomo bianco che restò in piedi. Dopo qualche fermata, l’autista chiese a Rosa Parks di alzarsi ma lei si rifiutò in modo deciso. Il conducente fermò allora l’automezzo e chiamò la polizia. Rosa fu arrestata e incarcerata per condotta impropria e per non aver rispettato il divieto che obbligava i neri a cedere il proprio posto ai bianchi. Nel corso della notte la notizia si diffuse e cinquanta leader della comunità afroamericana guidati dall’allora sconosciuto pastore protestante Martin Luther King si riunirono e decisero le azioni da intraprendere per reagire all’accaduto. Il giorno seguente iniziò il boicottaggio dei mezzi pubblici di tutta la città, che proseguì per 381 giorni, con l’appoggio dei tassisti afroamericani che adeguarono le loro tariffe a quelle degli autobus. Il 13 novembre 1956 la Corte suprema degli Stati uniti dichiarò fuori legge la segregazione razziale sui mezzi pubblici. Un altro evento simbolo è quello di Selma, su cui nel 2014 è stato girato il film Selma, la strada per la libertà. Il 7 marzo del 1965, la polizia a cavallo dello stato dell’Alabama si unì a gruppi di cittadini volontari per attaccare con bastoni e gas lacrimogeni centinaia di manifestanti che stavano sfilando pacificamente sul ponte Edmund Pettus nella città di Selma. Molte persone rimasero ferite, ma le immagini diffuse in tutto il mondo hanno contribuito in modo decisivo a cambiare la storia americana. In seguito a questo incidente, Lyndon Johnson, diventato presidente dopo la morte di John Fitzgerald Kennedy, fu infatti spinto a promulgare il Voting Rights Act, la legge che vieta le discriminazioni elettorali su basi razziali, considerata uno dei risultati più importanti conquistati dai movimenti per i diritti civili.

 

Robert Rauschenberg, Retroactive II, 1964, Museum of Contemporary Art, Chicago.
Dalla mostra Robert Rauschenberg, Tate Modern di Londra, Museum of Modern Art di New York, San Francisco Museum of Modern Art (fino al 25 marzo 2018).

 

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