Limiti e riduzioni costanti dei diritti dei lavoratori, possibilità per le multinazionali di evadere le tasse o di pagarle con cifre irrilevanti rispetto al fatturato, egemonia delle banche e della grande finanza, sono alcune delle maggiori distorsioni dell’attuale sistema politico ed economico. Causano crescenti disuguaglianze con conseguente aumento delle fasce di povertà, che non solo compromettono la giustizia sociale ma colpiscono e le basi stesse della democrazia. Una perdita dei valori fondativi della società occidentale che ha consentito per lungo tempo la crescita delle parti più deboli della popolazione e garantito la tutela dei diritti fondamentali della persona.
Una mutazione profonda e strutturale
Come ricorda il giornalista e scrittore americano Robert Kuttner nel suo provocatorio libro Can Democracy Survive Global Capitalism?, questi problemi sono apparsi in tutta la loro evidenza agli inizi degli anni Settanta del Novecento quando il capitalismo globale deregolato ha ripreso il dominio su un sistema che, anche se in modo disorganico e contraddittorio, ha garantito per molti anni una importante crescita economica unita a una forte diminuzione delle diversità sociali. Queste mutazioni profonde e strutturali della società hanno provocato in diversi paesi una serie di reazioni da cui sono nati e spesso si sono affermati movimenti popolari, populisti e sovranisti che, anche se con idee e toni diversi criticano e combattono in modo radicale i governi che attuano politiche liberiste e, direttamente o indirettamente e con diverse declinazioni, hanno portato in alcuni stati alla riduzione delle libertà fondamentali e a continui tentativi di sottomettere la stampa e la magistratura al loro potere. Uno sconfinamento che coinvolge le decisioni politiche a tutti i livelli e tocca in modo profondo anche le politiche sul clima come confermano le decisioni degli Usa di non aderire al patto per la riduzione delle emissioni di Co2 secondo l’accordo di Parigi del 2015, considerato il traguardo minimo per evitare la possibilità di eventi catastrofici e, soprattutto nel nostro paese, la mancanza di strategie diffuse per affrontare con consapevolezza la diffusione crescente delle nuove tecnologie e in particolare dell’intelligenza artificiale, che dovrebbero iniziare dalla scuola, i cui programmi sono generalmente troppo rigidi e non in grado di adeguarsi alle nuove competenze richieste dall’economia 4.0. Tutto questo mentre le élite acquistano sempre più potere come dimostra l’avvento negli Stati uniti di una nuova aristocrazia formata dal 9,9 per cento della popolazione che detiene l’egemonia culturale e la maggiore quota di ricchezza del paese.